Torna l'appuntamento primaverile con la BIG LEBOWSKI FEST, la festa di autofinanziamento della CURVA MOANA POZZI e del CENTRO STORICO LEBOWSKI.
ORE 19:00 INIZIATIVA al COVO:
"NON E' UNO SPORT PER DONNE? SPUNTI ED ESPERIENZE PER UN CALCIO ANTISESSISTA"
Da attaccante di razza, figlia di attaccante di razza, si ricorda di esserci praticamente nata con la voglia di calciare verso la porta. Certo, ci fu poco da ridere quella volta che, durante una trasmissione sportivonazioalpopolare, un noto opinionista prestato al calcio dal divano d’attesa di un barbiere, le chiese ridendo, con malizia spacciata per ironia: «Quindi a te piace concludere?…» Quale pena, rifletteva tra sé la donna ripensando a quella battuta idiotae quante volte aveva pensato di spedire lontanissimo tutte quelle paure e quel disagio. Mandare via le stronzate e quei discorsi a metà tra bar e la facoltà di sociologia.
Negli ultimi tempi abbiamo fatto incetta, e nella maggior parte dei casi con estremo gusto e interesse, di molti libri scritti sotto la forma particolare dello storyelling, ma leggere un romanzo sportivo vero e proprio ci mancava e parecchio. Colti dalla bramosia come un goleador che manca da troppo tempo dalla segnatura seppur giocando bene, abbiamo letto “La Storia Balorda” di Marco Ballestracci.
Fin dalla nostra conoscenza lo scorso anno quando presentammo a San Lorenzo “I Guardiani”, magnifico libro sui portieri di calcio, ci riproponemmo di continuare la collaborazione anche quest'anno e quando si arrivò al dunque ci disse con una punta d'orgoglio e innata modestia: “leggetevi la storia balorda il mio romanzo sul calcio, dicono, e non io, che sia il mio migliore”.
Beh, confermiamo, il libro di Marco è bellissimo. Nella forma, nel contenuto, nella sintassi e nel suo messaggio. Toccare un arco di tempo di 50 anni attraverso voci, personaggi e aneddoti del periodo più nefasto dell'umanità, partendo dal tempo, siamo nel '38, in cui il nazismo era ancora sottovalutato dagli stessi ebrei, passando per quel fascismo trionfante dei due Mondiali che sancirono nella testa dei gerarchi che l'Italia con i “figli di Mussolini” fosse veramente una nazione superiore, fino a varcare quel mondo subdolo e grondante di sangue e sparizioni che furono gli anni argentini della dittatura della giunta militare, con Mondiale vinto nel '78 annesso.
Il mondo della militanza politica di sinistra ha da sempre interessato vari ambiti sportivi a livello mondiale. Uno di questi eventi, proprio in questo 2018, vedrà cadere il suo 50esimo anniversario.
Il 16 ottobre 1968, infatti, durante lo svolgimento della XIX edizione dei Giochi Olimpici a Città del Messico, due atleti afro-american, Tommie Smith e John Carlos, vinsero la medaglia d'oro e quella di bronzo nella finale dei 200 m di atletica. Durante la premiazione i due atleti salirono sul podio scalzi e sollevarono il pugno chiuso avvolto da un guanto nero, senza cantare l'inno nazionale americano.
Il tutto per portare il loro supporto al movimento del Black Power e all’“Olympic Project for Human Rights”. Entrambe queste organizzazioni, in quegli anni, si battevano per sconfiggere un male come il razzismo che “interessava” gli Stati Uniti d'America.
Ad immortalare quella scena, che sarebbe diventata conosciuta in tutta il mondo, fu la fotocamera Nikon di un certo John Dominis. La foto è diventata una delle più conosciute a livello mondiale visto che, per trasmettere il loro chiaro e semplice messaggio, né Smith e né Carlos hanno avuto bisogno di compiere chissà quali gesti. Bastò un semplice movimento del corpo per levare quel velo di indifferenza sugli occhi del mondo intero che non voleva sapere niente di una situazione assurda che interessava, da parecchio tempo, quello che ama definirsi il paese più democratico del mondo.
Il 24 marzo 1976 in Argentina avveniva un colpo di stato militare che metteva fine al breve governo guidato da Isabel Martinez de Peron. Al potere salì la giunta militare guidata dal generale Jorge Rafael Videla Redondo che rimase al potere fino al 1983.
Cominciarono così 7 lunghi e tragici anni per il paese sudamericano che, come il suo vicino Cile caduto sotto il controllo del generale Augusto Pinochet, scoprì, solamente molti anni dopo, la tragica storia dei “desaparecidos”. Questo è il termine usato per descrivere tutte quelle persone, in totale furono circa trenta mila, che, sotto molti punti di vista, si opponevano al regime militare e che sparirono letteralmente nel nulla senza lasciare traccia di sé.
Tre giorni tra i monti a praticare, parlare e vivere lo sport popolare. Dieci anni di una società sportiva cresciuta passo per passo e che oggi si è trasformata in polisportiva. La convinzione, maturata sui campi da gioco, che con lo sport si possa fare politica. Perché la gestione stessa dello sport e dei rapporti che lo animano sono politici, l'urlo che arriva dai campi e dagli spalti è “il nostro sport non sarà mai una vostra merce”. Pochi concetti - chiari - e una sfida importante: un festival tutto dedicato allo sport popolare.
Da qui partiamo per un'avventura SPOP - Festival dello Sport Popolare dal 16 al 18 giugno a Sellero (Valcamonica, Brescia) – Tutte le attività gratuite. Abbiamo provato a pensare in grande, ad andare oltre l’ordinaria gestione delle nostre attività; lo abbiamo fatto perché sentiamo il bisogno di mettere sul tavolo le nostre idee, condividerle e ascoltare chi, come noi, ci prova tutti i giorni.
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
Fatti, notizie e curiosità sullo sport popolare, sulla settimana appena trascorsa e su quella che verrà
Donne e uomini diventati per qualche motivo esempio
Il mondo dello sport popolare visto attraverso gli occhi della letteratura, della musica e della cultura popolare
Quello che la settimana riserva: appuntamenti, incontri, partite e iniziative su tutto quello che è sport popolare