Se tutto è politica, ricevere Conor McGregor alla Casa Bianca nel giorno di San Patrizio non può essere casuale.
Molti potrebbero considerare l’ex campione irlandese della Ufc (Ultimate Fighting Championship), recentemente condannato per stupro, un impresentabile. Evidentemente non il presidente Trump che più volte ha manifestato non solo apprezzamento verso il trascorso sportivo di McGregor, ma anche vicinanza umana e stima professionale.
Ormai lontano da parecchio tempo dall’ottagono McGregor ha infatti creato un piccolo impero fatto di attività immobiliari e società, dal whiskey alla birra, alle promotion di sport da combattimento. Ha dismesso i panni del combattente, scegliendo le sete pregiate degli abiti di sartoria della buona borghesia.
Meglio tardi che mai. È proprio il caso di dirlo. Specie se il ritardo più che trentennale riguarda la morte di un ragazzo di ventisette anni. L’ultimo capitolo giudiziario sulla morte di Denis Bergamini è la prova di come sia sempre possibile riscrivere una verità processuale anche dopo anni di distanza. 35, per l’esattezza. Piú di tre decenni per giungere a un primo – ma comunque fondamentale – verdetto: Denis Bergamini è stato ucciso. La revisione di un processo archiviato (oggi è possibile affermarlo) troppo frettolosamente come suicidio non sarebbe stata possibile senza la tenacia della famiglia Bergamini. Di Donata, in primis. Una donna caparbia che ha sempre lottato per fare luce su quanto accadde a suo fratello quel maledetto 18 novembre 1989.
Il gioco del calcio a volte è strano. Anche quando si parla di un evento importante come una finale di una coppa europea.
Poche ore fa si sono giocate le semi-finali di ritorno di Conference League per decidere chi si sfiderà nella finalissima di Atene il prossimo 29 maggio. A staccare il pass sono state la Fiorentina di Vincenzo Italiano e l’Olympiacos del basco José Luis Mendilibar.
Per i rossobianchi ateniesi è una sfida in casa quella che li attende all’ombra del Partenone. Il problema semmai è di altra natura.
Lo stadio del match, l’Agia Sophia (dai più conosciuto come l’OPAP Arena), sarà quello di un’altra squadra della capitale greca, l’AEK Atene. I gialloneri, assieme al Panathinaikos, sono dei rivali storici della finalista di Conference.
Quando si pensa al 1984 a molti viene in mente, giustamente, una delle più importanti opere letterarie di George Orwell. Da un punto di vista storico parliamo quasi di un’altra era geologica in cui il mondo era ancora diviso in blocchi in lotta tra loro, mancava qualche anno alla caduta del Muro di Berlino e non si parlava di una minaccia terroristica a livello globale.
Il 1984, da un punto di vista sportivo, è l’anno in cui l’Athletic Club, dai più conosciuto come Athletic Bilbao, vinceva il suo ottavo titolo in Liga spagnola e la sua ventitreesima Copa del Rey (la più importante coppa calcistica della penisola iberica). Questo grazie alla presenza nella squadra di giocatori che hanno fatto la storia dell’Athletic stesso: dal portiere Andoni Zubizarreta Urreta fino al difensore Andoni Goikoetxea Olaskoaga passando per l’attaccante Manuel Sarabia López.
L’assedio della Striscia Gaza da parte dell’esercito israeliano, dopo gli attacchi perpetrati da Hamas lo scorso 7 ottobre, ha raggiunto i cinque mesi di durata. La situazione nella zona è drammatica: sono infatti oltre 30 mila i morti, 31.923 per l’esattezza, e ben 74.096 i feriti tra la popolazione locale.
Anche da altri punti di vista, come la mancanza di generi di prima necessità, in primis acqua e cibo, la situazione è catastrofica. Tutto questo nonostante al valico di Rafah, che segna il confine sud della Striscia con l’Egitto, vi siano quasi 1500 camion di aiuti internazionali bloccati alla frontiera.
Questo perché, il governo sionista, reputa che le merci trasportate rappresentino dei pericoli e possano essere usate in guerra. Come fatto vedere da numerosi inviati che si sono recati nella zona di confine, tra gli oggetti bloccai vi sono perfino seggiolini per bambini e attrezzatura ospedaliera.
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
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