Primo pomeriggio. Ho appena finito il pranzo e in attesa che sia pronto il mio caffè, mi rimetto al pc a lavorare, ma prima di iniziare mi concedo gli ultimi cinque minuti di relax, quelli che poi rischiano di farti sprofondare in un abbiocco senza fine, ma alla fine gli unici in cui hai realmente la mente libera e la pancia piena. Apro istintivamente due schede: nella prima comincio a scorrere i quotidiani per riuscire a fare una rassegna stampa sommaria; nella seconda metto un poʼ di musica, nulla di particolarmente impegnativo, anzi forse lʼesatto contrario; si tratta di quei pezzi che ascolto sin da adolescente, che hanno indirizzato il resto della mia vita verso un percorso arduo, di rivendicazioni inascoltate, ingiustizie patite e di casini per invertire il trend. “I servi del denaro sono i veri banditi!” - dalle mie cuffie esce questa strofa “evergreen”, non fosse altro che essa racchiude una verità incontrovertibile, sebbene sempre detta a denti stretti, sulla storia di questo mondo. Lasciata scorrere la playlist, inizio a leggere i quotidiani. La notizia del giorno riguarda una presunta frode fiscale da parte di varie società calcistiche, alcune delle quali facenti parte a tutti gli effetti del gotha del calcio italiano, dal Milan al Napoli, tanto per citarne qualcuna.
La verità – che parolone! – è che il calcio mainstream fa talmente schifo che quando sulla scena si presenta un personaggio come il sor Sarri: un signore di mezza età con lo stile dell’habitué del bar dello sport e non un fotomodello mancato olezzante lacca e silicone; quando a poggiare il culo sulla panchina è uno che non ha fatto differenza tra campi di terra malamente battuta e grandi platee televisive e che ha affrontato un percorso estraneo al riprodursi incestuoso tipico delle élite (sportive, economiche e politiche non fa nessuna differenza); quando a impossessarsi del prime time, delle prime pagine dei giornali e, magari, anche del campionato è un tipo che, addirittura, è in odore di comunismo… beh, ci mancava soltanto che Sarri avesse scelto di tenere corsi di antisessismo all’università per conferirgli il premio Lenin e, a questo punto riconciliati con l’orrore della mercificazione imperante, per rimettersi in tutta tranquillità le ciabatte per passare i pomeriggi della nostra breve vita davanti a Sky.
Sono stati davvero tanti gli spunti di riflessione usciti dallʼassemblea romana del 5 gennaio, finalmente molto partecipata sia nei numeri che nella voglia di mettere carne al fuoco. Nel pieno dellʼespansione del cosiddetto “calcio popolare”, i nodi tematici da affrontare sono tantissimi, e senza dubbio si continuerà a farlo in modo collettivo, a partire da questʼestate nelle giornate previste a Napoli. Dopo aver fatto un resoconto il più possibile oggettivo delle discussioni avvenute nellʼassemblea di Roma, proviamo adesso a dare una nostra lettura almeno riguardo ad alcuni aspetti dello sviluppo dei progetti del calcio popolare. Una lettura che va intesa assolutamente come un umile contributo da appassionati di calcio e da compagni che credono nellʼautorganizzazione. Del resto il nostro sito vuole essere proprio questo: un qualcosa in più, un luogo virtuale in cui dare spazio ad esperienze che ci piacciono e ci esaltano. Non certo un “organo ufficiale”, perché per elaborare strategie, campagne e battaglie esiste una sola modalità: quella collettiva.
Com'era facilmente prevedibile, l'ondata di commozione succeduta ai brutali attentati dello scorso 13 novembre a Parigi ha fatto serrare i ranghi alla comunità francese, la quale ha deciso di rispondere con una grande affermazione di fermezza e orgoglio nazionale che ovviamente, e non poteva essere altrimenti, ha investito anche lo sport. Avevamo già accennato che uno dei primissimi provvedimenti adottati dal Ministro dello sport francese Thierry Braillard insieme a Noël Le Graët, presidente della Federazione calcistica francese, la Fédération Française de Football (FFF), era stato quello di vietare le trasferte ai tifosi per motivi di sicurezza, oltre che annullare le partite previste nella regione circostante Parigi, l'Île de France. Inoltre, in tutta Europa, in segno di solidarietà, sarebbe stata intonata la “Marsigliese” prima dei vari incontri che si sarebbero disputati nel passato weekend. Sin da quando queste misure sono state disposte, l'obiettivo del mondo sportivo francese, ma forse più in generale di buona parte dell'opinione pubblica transalpina, era focalizzato sullo stadio “Armande Cesari” di Bastia, conosciuto altresì come “Stade Furiani” che avrebbe ospitato un derby della Corsica, vale a dire il match tra la squadra locale, lo Sporting-Club Bastia e l'Ajaccio Gazélec (la seconda squadra della cittadina corsa, benché quest'anno si trovi in una categoria superiore rispetto ai cugini dell'Ajaccio), che mancava da ben ventidue anni.