Ieri si è votato in Brasile per il secondo turno delle presidenziali. Un secondo turno che ha sancito la vittoria di Lula da Silva, riuscito a sconfiggere il candidato dell’estrema destra brasiliana Bolsonaro.
Al di là delle analisi politiche – delle simpatie o delle ostilità compagne alle nostre latitudini verso il Partido dos Trabalhadores – un punto di vista interessante sulla questione è sicuramente quello offerto dagli endorsement ricevuti in campagna elettorale dall’ex presidente Bolsonaro da parte di atleti di diverse discipline, in un paese in cui gli sportivi sono idoli di massa ed esiste un settore economico molto fiorente legato all’attività fisica.
Dopo la strage di Hillsborough nel 1989, il luogo comune nei media italiani è quello che le ‘teste calde’ del tifo britannico non aspettino altro che le trasferte europee per ‘fare casino’ altrove, segnatamente nei paesi mediterranei.
In realtà, il non detto di questa narrazione è che Hillsborough, nonostante la carneficina ai danni dei tifosi del Liverpool, in cui le responsabilità della polizia del West Yorkshire sono state accertate da un’inchiesta conclusasi nel 2016, è servita da pretesto per i governi britannici di Margaret Thatcher e John Major (a marca conservatrice) per imporre la ‘All Seating policy’ negli stadi, applicata a tutti i club di prima e seconda divisione dal 1994, ovvero stadi per soli spettatori seduti. Di conseguenza, le partite all’estero sono le uniche dove le tifoserie inglesi possono mettere in piedi un po’ di tifo.
Sono giorni vorticosi nel mondo dello sport: le notizie si rincorrono furibonde e sembra difficile rallentare, analizzare, comprendere a pieno quello che accade. Quello che accade, soprattutto, fuori dagli stadi, dai palazzetti.
Per orientarci abbiamo bisogno di fissare alcuni punti cardinali che non ci facciano perdere la rotta durante la bufera, e le coordinate geografiche sono dei nomi e dei cognomi: Ricardo Centurión, Paola Egonu, Lorenzo Musetti, Ronaldo Luiz Nazário de Lima, Zaynab Dosso.
Sono i nomi degli atleti più chiacchierati di questi giorni. Sono i nomi degli atleti finiti nell'occhio del ciclone mediatico. A dirla tutta, però, a finire in questo gigante e tortuoso tritacarne non sono tanto i loro nomi o le loro gesta sportive, no; sono soprattutto i loro corpi.
Il 20 novembre prossimo prenderà il via la ventiduesima edizione della Fifa World Cup. L'anomala data di inizio della competizione è stata decisa perché nel paese ospitante, il Qatar, durante l'estate non è possibile giocare delle partite di calcio “normali” visto che le temperature, a quelle latitudini, raggiungono anche i 50 gradi centigradi.
Con l'avvicinarsi della partita inaugurale dovrebbe esserci una grande euforia di fronte alla partenza della più importante competizione calcistica a livello globale che riesce a tenere attaccati allo schermo della televisione centinaia di milioni di appassionati in ogni angolo del globo. L'edizione qatariota, però, non sembra aver sortito lo stesso entusiasmo.
Il grande evento, almeno finora, è stato praticamente snobbato dalla comunicazione calcistica mainstream. Un silenzio che molto probabilmente è figlio del fatto che questa edizione della Coppa del mondo stravolgerà il regolare svolgimento dei campionati in molti paesi del globo.