Si può affermare, senza paura di essere smentiti, che le dure prese di posizione da parte delle tifoserie organizzate di ogni angolo del globo contro il calcio moderno costituiscono un mantra di questo primo scorcio di inizio millennio, ma probabilmente mai nessuno si era spinto fino a contestare il calcio virtuale prima della scorsa settimana.
Infatti lo scorso 23 settembre a Berna, durante il match tra i campioni di Svizzera in carica, i padroni di casa dello Young Boys, che proprio oggi affronteranno la Juventus all’Allianz Stadium in Champion’s League, e il Basilea (partita di casa terminata con un roboante 7-1 per i gialloneri), è andata in scena una plateale contestazione: durante la partita, al sedicesimo minuto, dalla curva di casa sono cominciati a volare in campo palline da tennis, joystick e finanche delle consolle da gioco, cosa che ha costretto l’arbitro a sospendere la partita per qualche minuto, fino a quando non è stata ripulita la porzione di campo interessata.
Uno dei principali banchi di prova per la tenuta degli assetti europei in questi mesi era stato individuato senza dubbio nelle elezioni svedesi.
Pur non essendo affatto ultrà dell’UE, appare oggettivo che gli improvvisati tuttologi che avevano intonato con largo anticipo il “De prufundis” per il partito socialdemocratico svedese, garante della stabilità nazionale e allo stesso tempo avevano dato per scontata una poderosa avanzata dell’estrema destra, devono rivedere le loro analisi e magari anche le loro previsioni che non sono affatto così ineluttabili come avrebbero voluto farci credere.
Certo, è vero che in quella che è la patria morale della socialdemocrazia e del welfare-state, il partito guidato da Stefan Löfven ha ottenuto la più bassa performance elettorale nei suoi centodieci anni di storia, ma se paragonata alla catastrofe dei partiti fratelli nel resto d’Europa, incapaci di raccogliere le sfide della modernità o, peggio ancora, traditori fraudolenti del patto ancestrale con la loro base sociale di riferimento, non ci si può certo lamentare.
Pensando a Lucca, mi è sempre venuto naturale definirla una “Verona di Toscana”. Tanto per l’indiscutibile bellezza del centro storico, quanto per una borghesia storicamente florida e fieramente reazionaria, e non di meno per una presenza neofascista, se non neonazista, particolarmente numerosa e spregiudicata, specie se messa a confronto con le città circostanti. E se la curva è sempre un fedele spaccato di ciò che è presente nella società, le conseguenze sono facilmente immaginabili. Un contesto difficile insomma per chi propone una qualsivoglia attività sociale che alluda alla solidarietà, o addirittura alla conflittualità “dal basso”: andando indietro negli anni non si contano le aggressioni, anche molto gravi, le prepotenze e le intimidazioni, come da tradizione sempre più che tollerate dalla pubblica autorità. E purtroppo questa tradizione non appartiene solo al passato, ma arriva fino a pochissimi giorni fa.
Lo scorso fine settimana ha segnato l’inizio del campionato per alcune delle categorie in cui sono impegnate le compagini popolari che anche quest’anno ci apprestiamo a seguire domenica dopo domenica, nella speranza che le sfide sempre più difficili che ci si troverà ad affrontare possano essere un’ulteriore tappa di crescita e consolidamento. Quella appena trascorsa è stata infatti una stagione colma di successi e soddisfazioni, con ben undici promozioni tra le squadre inserite nella nostra schedina. L’entusiasmo è quindi del tutto appropriato, ma altrettanto importante è la consapevolezza che adesso c’è da resistere, da mettere radici nelle categorie conquistate senza farsi travolgere dalle maggiori difficoltà. Ci sarà da sudare e da non perdersi d’animo, saranno da festeggiare anche le salvezze e non solo le promozioni, ma chissà che almeno qualche compagine non possa regalarci un’ennesima pazzesca impresa. Andiamo quindi a vedere la consueta panoramica di inizio stagione, partendo dalle categorie superiori, dove troviamo progetti magari meno “puri” dal punto di vista dell’azionariato popolare, dell’organizzazione societaria e del rapporto con i finanziatori, ma che portano avanti molti dei valori che li accomunano ai progetti popolari che seguiamo da più tempo.