Al di là della fastidiosa retorica mediatica targata Sky o pagine facebook “delinquenziali”, che rovina spesso anche le cose belle, l'FA Cup è una competizione che regala emozioni uniche. La sua formula aperta alle scalate da parte delle squadre delle serie inferiori genera un torneo bellissimo, amatissimo dalla popolazione calciofila e che, tra l'altro, garantisce anche grandi ascolti alle tv. Insomma, sembrerebbe convenire a tutti. In Italia, con la consueta ottusità dei dirigenti federali, attualmente abbiamo la Coppa Italia più elitaria e noiosa che ci sia mai stata: agli ottavi di finale entrano le 8 teste di serie e giocano una partita secca in casa, uccidendo nel 90% dei casi le ambizioni di chiunque.
Un vecchio adagio recita “Se Atene piange, Sparta non ride”. Dovendo declinare il proverbio alla attuale situazione della Madrid del pallone, andrebbe aggiunta anche Tebe, oppure Corinto. Infatti, per motivi differenti tra loro, le tre anime della capitale spagnola hanno subito degli smacchi dalle proprie società che, semmai ce ne fosse stato davvero ulteriormente bisogno, le hanno fatte sbattere di fronte alle ultime frontiere del calcio moderno. Il caso sicuramente più fresco è quello che ha visto per protagonisti i Bukaneros del Rayo Vallekano, la tifoseria espressione di Vallekas, il quartiere ribelle e operaio di Madrid sviluppatosi grazie all'afflusso dell'immigrazione interna, prevalentemente andalusa, e che da sempre propaga e difende i valori dell'antifascismo e della solidarietà internazionale.
Nonostante tutti gli sforzi, è sicuramente innegabile che la Coppa d'Africa non abbia lo stesso appeal delle omologhe competizioni di Europa e Sud America e non potrebbe essere altrimenti. Da un lato per quella atavica disorganizzazione che attanaglia il continente nero, soprattutto se alle prese coi grandi eventi in cui, tanto per fare un esempio, è possibile dimenticarsi la chiavetta coi file degli inni nazionali delle squadre che avrebbero inaugurato il torneo (quindi anche la formazione di casa), e dall'altra perché, almeno fino a pochi decenni fa, le uniche squadre africane che riuscivamo a vedere e conoscere erano quelle qualificate ai mondiali e al pari di quelle asiatiche (salvo rare eccezioni) erano destinate al ruolo di cenerentole dei propri gironi, ma a differenza delle altre riuscivano ad accalappiarsi maggiori simpatie.
Nei primi anni del 2000, la crisi economica e l’instabilità sociale nella Russia di Vladimir Putin hanno dato vita a un’epidemia di violenza contro le persone di colore perpetrata da gruppi fascisti/neo-nazisti e dai loro sostenitori. Uno sviluppo parallelo si è verificato nell’Europa dell’est. Secondo le organizzazioni dei diritti umani russe, dal 2004 al 2015 approssimativamente 527 persone sono state uccise in Russia nella “violenza razzista e neo-nazista”, oltre ai più di 3000 pestaggi che hanno spesso lasciato le loro vittime sfregiate e storpie. Effettivamente, la violenza quotidiana contro stranieri e omosessuali è talmente comune da non poter essere misurata accuratamente. Come i fascisti di ogni luogo, i fascisti russi sono codardi: la maggior parte degli attacchi sono commessi da gang o gruppi contro vittime sole, inclusi anziani e bambini. I fascisti russi sono soliti riprendere i loro attacchi e postarli su internet, per fare proseliti e “mandare un messaggio”. Durante un’intervista per la televisione australiana, un portavoce di una grande organizzazione fascista ha difeso gli attacchi ai bambini: “Così è come facciamo le cose…In futuro sarebbe diventato un terrorista o un nemico. O nel caso di una ragazza, avrebbe dato vita ad altri nemici.”