Pubblichiamo questo contributo da parte di un amico e grande appassionato. Nell’arco di qualche giorno pubblicheremo un nostro editoriale di risposta ai punti critici, tutti reali e meritevoli di riflessione, sollevati in queste righe. Perché, nello sport come nella vita, senza autocritica è impossibile una reale crescita.
In genere parte così : - Siamo l’alternativa a Sky, siamo contro il calcio moderno.
Se provi ad approfondire, si va un po’ più nel vago, se insinui che qualunque società di calcio dilettantistica, ma non solo, qualunque società a salire dalla terza categoria fin quasi a lambire la serie B è di fatto, suo malgrado, alternativa a Sky, cominciano i problemi. Insomma, so bene di risultare parecchio “impopolare”, ma se ti viene voglia di capire da qualcuno che lo fa, cosa ci sia dietro la definizione “calcio popolare” il rischio è di capirci poco, oppure, nella peggiore delle ipotesi di rimanerci proprio male. Io, “militando” per un bel po’ in una di queste compagini, ancora non mi sono fatto un’idea chiara di cosa si voglia fare, e ancora meno di come lo si voglia fare.
In questo scorcio finale dei campionati europei in cui sono stati decretati i verdetti finali della stagione, vari opinionisti, riferendosi all'impresa del Leicester, hanno attinto fortemente, quasi ai limiti dell'abuso, alla metafora della classe operaia che va in paradiso.
Il Besiktas e Istanbul
Ci eravamo già espressi in precedenza per dimostrare quanto questa visione possa essere fuorviante per una serie di motivazioni e quindi, pur consapevoli dell'appeal infinitamente superiore che ha la Premier League, se davvero si vuole parlare di una classe operaia che va in paradiso, bisogna attraversare quasi tutto il continente e fermarsi sul Bosforo, in Turchia, dove il Beisktas si è laureato campione nazionale per la quattordicesima volta. Infatti, la squadra bianconera, pur essendo la più vecchia polisportiva turca, nata nel 1903, nell'immaginario rappresenta il parente povero, la terza squadra di Istanbul, quella del popolo (letteralmente halk takim) e della sua classe operaia, indistintamente sia della zona europea che di quella asiatica (molto caratteristici i viaggi per andare allo stadio, a bordo di battelli) a fronte delle due compagini più blasonate: il Galatasaray, da sempre considerata la squadra dell'elite filo-europea e il Fenerbache, la squadra degli asiatici, quella più ricca; oppure come vengono definite dai rispettivi detrattori, il Galatasaray sarebbe la squadra degli ebrei, il Fenerbache quella dei greci e il Besiktas quella degli armeni.
Non è la prima volta e quasi sicuramente non sarà nemmeno l'ultima in cui il calcio risulta essere il termometro di una situazione sociale in ebollizione. Discorso che vale ancora maggiormente per la Spagna dei super team in cui, a dispetto della pressoché identica potenza economica dei suoi due club più blasonati, essi rappresentano, da sempre, sentimenti ben definiti e contrastanti tra essi all'interno delle proprie comunità di appartenenza e tra esse e il mondo esterno. Naturalmente ciò non poteva cambiare in chiusura di una stagione che ha ancora molto da dire per il calcio iberico. Così, è appena giunta la notizia del divieto categorico di esposizione della “estelada”, la bandiera catalana di cui avevamo parlato già in precedenza per un analogo divieto giunto dalla UEFA, per i supporters del Barcellona che assisteranno alla finale di Coppa del Re che si disputerà domenica sera contro il Siviglia fresco vincitore di Europa League, sul campo neutro del Vicente Calderon (lo stadio in cui gioca l'Atletico Madrid) e che in caso contrario gli oltre 2.500 uomini della sicurezza impiegati per il servizio d'ordine del match non esiteranno a rimuoverle con le buone o con le cattive.
L'ultima di campionato del Centro Storico Lebowski è uno di quegli appuntamenti da non perdere, specie per chi come il sottoscritto arriva cullandosi in un'illusione, quella per cui vincendo i grigioneri andrebbero ai playoff, come del resto la classifica sembrerebbe affermare senza lasciare spazio a dubbi. Arrivo quindi aspettandomi una partita da vivere col cuore in gola, pronti a far esplodere in un boato tutta la tremenda tensione di un match come questo. Ci pensano subito alcuni cari amici a riportarmi alla realtà: se tra la seconda e la quinta in classifica ci sono 10 punti o più, niente playoff per la quinta, i grigioneri lo sanno già da un paio di settimane.