Il titolo potrebbe sembrare una barzelletta, un gioco di parole, e invece no, non lo è: è una rivisitazione del nome di un film francese del 2013, Molière in bicicletta. Dalla cinematografia ci arriva un assist pennellato che ci permette di spaziare in altre direzioni; Ihattaren, il calcio e quello che si porta dietro, e il monopattino, con tutto ciò che significa di questi tempi nel nostro paese. Ma un passo alla volta. Per comprendere a fondo il parallelismo è doveroso spendere qualche parola sull'opera citata in apertura. Nel film si intrecciano le vicende di due attori: uno, Gauthier Valence, ricco e famoso, e l'altro, Serge Tanneur, stanco e demoralizzato. Il primo decide di mettere in scena un grande classico della cultura teatrale francese, e non solo: Il misantropo. E guarda un po', per realizzare la sua idea ha bisogno del suo amico Tanneur, ormai stanco, disincantato e misantropo a tal punto da vivere isolato da tutto e da tutti; al sicuro nella sua tana e con solo una bicicletta. Qui blocchiamo la vicenda, la storia prosegue ma prende altre strade che a noi ora non interessano. Ci basti immaginarli lì, l'attore di successo e quello misantropo, in una stanzetta alle prese con il testo di Molière.
Il Total Kaos nasce nel marzo del 1990 come gruppo ultras al seguito della Viola basket Reggio Calabria e la nostra storia può essere suddivisa in tre grandi cicli: il primo interrotto con il fallimento del 2009, il secondo con la contestazione del 2017 e il terzo, quello attuale, che stiamo vivendo con il nostro progetto di basket popolare. In questo trentennio abbiamo attraversato almeno tre generazioni, ma lo spirito, quello che ci ha guidato da quel marzo del 1990, è rimasto intatto: orgogliosi della nostra storia, del nostro gruppo e della nostra città.
I Total Kaos non possono e non devono morire. Neanche se non hanno una “squadra ufficiale” da tifare. È questo quello che ci siamo detti durante l’ultimo anno passato a contestare le vicissitudini del mondo Viola, perché essere Total Kaos è esserlo nella mente, e nella vita. Non è stato facile e non è facile, sarebbe ipocrita dire il contrario. Ogni anno il gruppo perde dei componenti che vanno a cercare fortune fuori regione. Non si vive di sola aggregazione, purtroppo.
La Cabardino-Balcaria è una delle ventidue repubbliche che compongono la Federazione russa: situata nel Caucaso settentrionale, si tratta di una regione etnicamente mista dove i due principali gruppi etnici, i cabardini e i balcari, subirono diverse vicissitudini (i primi una pulizia etnica nel diciannovesimo secolo, i secondi – di origine turca – la deportazione di massa negli anni Trenta); la sua capitale è Nalchik, sede dell’omonima università statale. Ma la peculiarità di questa città è un’altra, vale a dire il poter annoverare l’unico gruppo ultras dichiaratamente antifascista nel panorama russo, i Red-White Djigits.
(tutte le informazioni, i racconti, le suggestioni di questo articolo mi sono state date dagli entusiasti, affettuosi e simpatici tifosi Eisern Union che mi hanno adottato nella Curva Waldseite e a cui va la mia gratitudine)
Quella dell’Union Berlin, la piccola squadra di Köpenick, quartiere operaio di Berlino Est, non è solo una favola sportiva, è qualcosa di più. È un’esperienza che interseca il calcio, e in particolare una precisa idea di calcio, con il riscatto di una comunità nei confronti della Storia - quella che si studia sui libri. Profondamente intrecciata con gli avvenimenti che lungo il ’900 hanno travolto la città di Berlino, la vicenda calcistica dell’Union inizia oltre un secolo fa, nel 1906, anche se all’epoca si chiamava Fußballclub Olympia Schöneweide. Da allora, passando per gli anni bui del nazismo, dalla rifondazione post bellica alla DDR, il club ha vissuto ogni tipo di crisi e difficoltà, rialzandosi dalle cadute sempre e contro ogni aspettativa, proprio come la città e i suoi abitanti. “Rinati dalle rovine”, come recitava l’inno della Repubblica Democratica Tedesca.