Il Rayo Vallecano di Madrid ha scritto un piccolo tassello della sua quasi centenaria storia. Mercoledì scorso, 2 febbraio 2022, la squadra del sud est di Madrid si è qualificata alle semifinali di Copa del Rey. Un traguardo storico per la squadra di Iraola, raggiunto per la prima volta dopo 40 anni.
Il Rayo (“folgore in spagnolo”) è stato fondato il 29 maggio 1924 con il nome di Agrupación Deportiva El Rayo. Poco dopo si decise di modificare il nome del club, che diventò Agrupación Deportiva Rayo Vallecano, e di adottare come stemma quello del distretto di Vallecas, nella parte sud orientale e, da sempre, uno dei più ribelli della capitale spagnola.
Da grande appassionato di storia, mi ha sempre sedotto l’idea di poter viaggiare nel tempo. Avere la capacità, attraverso una macchina spazio-temporale, di rivivere epoche remote potendone cambiare, magari, il corso degli eventi. Questa utopica visione è condensata in un passaggio della celebre pellicola americana Ritorno al futuro, dove uno dei protagonisti spiega come esistano dei momenti capaci di invertire il cosiddetto “continuum tempo-spazio”: la linea del tempo che se deviata dal suo corso naturale, modifica la traiettoria delle nostre esistenze.
Ci risiamo, con la nuova ondata legata alla variante Omicron registrata in questo inizio 2022, a pagare un prezzo alto sono i tifosi di calcio che ogni domenica si recano allo stadio. Dopo una prima riduzione della capienza degli impianti sportivi al 50% infatti, decisa con il dpcm del 31 dicembre scorso, pochi giorni fa il governo di Maro Draghi, rispetto al quale l’appellativo “dei migliori” sembra di giorno in giorno sempre più tragicomico, ha fatto pressioni affinché gli stadi venissero chiusi, o al massimo fossero aperti a 5000 spettatori per ogni partita che sarà giocata tra il 15 gennaio e il 5 febbraio 2022, opzione che è poi stata avallata dalla Lega Calcio.
Il titolo potrebbe sembrare una barzelletta, un gioco di parole, e invece no, non lo è: è una rivisitazione del nome di un film francese del 2013, Molière in bicicletta. Dalla cinematografia ci arriva un assist pennellato che ci permette di spaziare in altre direzioni; Ihattaren, il calcio e quello che si porta dietro, e il monopattino, con tutto ciò che significa di questi tempi nel nostro paese. Ma un passo alla volta. Per comprendere a fondo il parallelismo è doveroso spendere qualche parola sull'opera citata in apertura. Nel film si intrecciano le vicende di due attori: uno, Gauthier Valence, ricco e famoso, e l'altro, Serge Tanneur, stanco e demoralizzato. Il primo decide di mettere in scena un grande classico della cultura teatrale francese, e non solo: Il misantropo. E guarda un po', per realizzare la sua idea ha bisogno del suo amico Tanneur, ormai stanco, disincantato e misantropo a tal punto da vivere isolato da tutto e da tutti; al sicuro nella sua tana e con solo una bicicletta. Qui blocchiamo la vicenda, la storia prosegue ma prende altre strade che a noi ora non interessano. Ci basti immaginarli lì, l'attore di successo e quello misantropo, in una stanzetta alle prese con il testo di Molière.