Negli ultimi anni abbiamo letto e recensito diversi libri sui Mondiali, ribattezzati anche della “i Mondiali della vergogna”, di Argentina ‘78, segno che il loro contesto politico, sociale e sportivo li abbia resi terribilmente ed eccezionalmente “affascinanti” agli occhi delle penne nostrane. Il bellissimo La storia balorda del Ballestracci e il sontuoso Uccidi Paul Breitner di Pisapia, giusto per citarne due, ne sono un palese esempio. Sia chiaro che di “affascinante” nell’eliminazione sistematica di qualsiasi oppositore politico e nell’istituzione di centri di detenzione e tortura, per di più a pochi passi dallo stadio (il Monumental) del trionfo argentino non c’è proprio nulla, ma solo un’infamia senza fine per una junta militare sostenuta da tutto il blocco dei paesi anticomunisti e occidentali e addirittura in parte dall’URSS, che presa alla gola da rapporti di dipendenza commerciale non si schierò apertamente contro quel regime militare e fascista che dominava il paese da almeno due anni, e si trasformò in una delle più efferate dittature sudamericane (a differenza tra l’altro di quello che fecero i sovietici pochi anni prima con Pinochet).
CAP 20100 racconta la città di Milano con gli occhi delle realtà di calcio popolare che la attraversano, anteponendo alle dinamiche del business il mutualismo e la solidarietà.
Niente bosco verticale, niente darsena, niente City Life né Corso Como, il racconto di CAP 20100 inquadra i palazzoni delle case popolari nei quartieri periferici di Milano, lì dove lontano dalle logiche del business e dai riflettori della movida si animano movimenti che vogliono creare inclusione e aggregazione anche attraverso lo sport.
Ternana: the working class goes to heaven: è questo il titolo del documentario sulla storica promozione in serie B della Ternana Calcio uscito pochi giorni fa e realizzato da Martino Simcik Arese e Valerio Curcio. Una intitolazione che riporta alla mente, almeno ai cinefili come me, un capolavoro del grande schermo quale La classe operaia va in paradiso, girato nel 1971 per la regia di Elio Petri e con una magnifica interpretazione di Gian Maria Volonté.
In questo cortometraggio Curcio e Arese cercano di far capire agli spettatori il forte legame tra la Ternana Calcio e la città umbra di Terni, conosciuta con il soprannome di “Manchester d'Italia”. Tale appellativo non è stato scelto a caso: questo centro abitato, da sempre, ha una forte componente operaia viste le numerose fabbriche, soprattutto acciaierie, presenti nella zona.
Questo lato operaio lo si ritrova fortemente nella tifoseria della squadra rosso-verde, come spiegato bene da alcuni tifosi del maggior gruppo ultras locale, i Freak Brothers. Ma gli operai non mancano neanche tra coloro che scendono, o sono scesi in un passato nemmeno troppo remoto, nel rettangolo da gioco.
Cosa sarebbe oggi di Katherine Dunn se nel 1980, per qualche motivo, non avesse acconsentito alla richiesta del marito che mentre usciva di casa le chiese il favore di seguire un incontro di pugilato in tv per poi raccontarglielo al suo ritorno, non è dato saperlo. È un fatto però, per sua stessa ammissione, che l’avventura dell’autrice come cronista della noble art inizia esattamente in quel momento, come raccontato non senza ironia nella prefazione del suo libro Il circo del ring. Dispacci dal mondo della boxe, pubblicato nella sua versione italiana da 66th&2nd e tradotto da Leonardo Taiuti.
Sezionando l’opera in questione, i seguaci della matematica troveranno spunti interessanti. Ci sono ventidue articoli, un’introduzione e un epilogo. Duecentosettantadue pagine. Nel campo delle suggestioni quindi questo è un libro palindromo, con echi cabalistici. Più semplicemente, però, sono trent’anni di cronache appassionate del ring in cui vagare, scritte da una delle voci più autorevoli del pugilato americano. Un condensato di grandi campioni e piccole storie pubblicate su giornali e riviste come «The Ring», «Sports Illustrated», «Vogue», «New York Times», «Esquire» «Playboy» e soprattutto «Willamette Week», che ritraggono l’arte marziale più antica del mondo, nuda e cruda, raw & uncut. Autentica e senza fronzoli.