Un successo inaspettato negli ottavi di finale di Copa del Rey ha regalato all’Osasuna il primo giorno di gloria del 2025. Una vittoria inebriante, inutile negarlo, amplificata dalla sublime condizione di partire sfavoriti nel pronostico. Un booster tutto particolare dal sapore intenso di rivalsa.
Sconfiggere 2-3 i campioni uscenti dell’Athletic Bilbao in casa, nel tempio del San Mamés, in una partita tirata con tentativi di rimonta e capovolgimenti di fronte – impreziosita dalla rivalità del derby basco contro la squadra più titolata di Euskadi – è un’impresa che restituisce ai tifosi navarri una gioia rumorosa culminata in una nottata spensierata di festeggiamenti.
Il trionfo dei gorritxoakm, i “rossi”, la squadra di Pamplona, è avvenuto però in un giorno speciale che lega con un filo ancora più rosso l’Osasuna alla storia del popolo basco.
Ironia della sorte infatti proprio il 16 gennaio, giorno della vittoria contro l’Athletic, ricorreva l’anniversario della fucilazione di Eladio Zilbeti Azparren, avvenuta nel 1937, per mano dei franchisti.
Immaginate di ritrovarvi a essere il portiere di una squadra che quasi inaspettatamente è arrivata in finale di Coppa dei Campioni, di affrontare una squadra del Paese che ospita il match e di essere ampiamente sfavoriti, per di più in uno stadio pieno quasi nella sua totalità di tifosi avversari che si sentono già il titolo in tasca. Adesso immaginate di resistere per ben centoventi minuti e – come se non bastasse – successivamente di parare quattro rigori su quattro, regalando il primo trofeo di prestigio non solo al proprio club e neanche alla propria nazione, ma a tutto un universo concettuale e a un modo differente di vedere il calcio, ma anche e soprattutto la vita.
Rinunciare al denaro fa sempre notizia, specie quando lo si fa in nome della morale.
Se uno come Ole Saeter centravanti di peso del Rosenborg ha declinato l’offerta di 850 mila euro dal Maccabi Haifa, il minimo che si può fare è dedicargli un plauso per essere andato controcorrente.
Le ragioni del rifiuto dell’attaccante norvegese classe 1996 al suo trasferimento in Israele non sono però ascrivibili alla proposta economica del club: “Anche se mi offrissero 500 milioni, non mi unirei comunque a un club israeliano” ha dichiarato Saeter. Parole forti in un mondo, come quello del pallone, che ha visto chiudere gli occhi a molti atleti davanti a ingaggi faraonici.
L’uscita di scena è cinematografica. Il palazzetto che esplode e Mijaín López Núñez al centro della materassina che si toglie le scarpe e si inginocchia commosso.
Il gesto emblematico ha un significato: l’atleta cubano di lotta greco-romana si ritira dalle competizioni. Ma lo fa dopo aver scritto la storia ed essersi aggiudicato il quinto oro individuale in cinque edizioni olimpiche. Pechino e Londra nei 120 kg e Rio, Tokyo e Parigi nei 130 kg.
Mai nessun atleta, in nessuna disciplina sportiva, era riuscito in un’impresa simile. E farlo a 41 anni nella lotta – una delle specialità più usuranti e dure da un punto di vista fisico, dove esplosività ed età anagrafica sono un fattore determinante – rende tutto ancora più incredibile ed epico.