Lo scorso 6 aprile è stata emessa una sentenza storica. L'ex presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, è stato condannato in contumacia all’ergastolo per la sua partecipazione all’assassinio del suo predecessore Thomas Sankara. Sankara fu presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987 e, durante la sua presidenza, cercò di dare una struttura solida al paese che, dopo l'indipendenza dalla Francia ottenuta nell'agosto 1960, stava attraversando un periodo di forte instabilità politica.
Per questa sua forte presa di posizione, il più importante presidente burkinabé della storia venne soprannominato il “Che Guevara africano”. Molti, infatti, erano i punti in comune con il rivoluzionario argentino, uno dei pilastri della rivoluzione cubana del 1959, che venne assassinato in Bolivia nell'ottobre 1967.
Il 25 novembre 2020 il mondo intero si fermava attonito al cospetto della notizia che Diego Armando Maradona era morto. Sì, il calcio perdeva il suo figlio prediletto e milioni di generazioni cresciute con il suo mito improvvisamente si ritrovarono orfane di questo campione. Riuscire a parlare di Maradona in maniera sintetica credo non sia per nulla facile, perché El Pibe è stato tutto quello di giusto e sbagliato che poteva esserci in questo mondo.
Maradona è stato un vero artista, filosofo e poeta del calcio. A tratti non sembrava nemmeno un calciatore, ma un genio dell’architettura: come Mozart che trovava una nota e componeva grandissimi capolavori, Maradona a livello architettonico riusciva a creare gli spazi dove questi non esistevano. I suoi gol erano veramente impossibili, ogni volta che Maradona scendeva in campo non lo faceva per giocare una partita ma per risolvere un equazione a molte incognite, questo lo rendeva davvero un genio della trigonometria applicata al calcio.
Nel vasto reticolo urbano della città di Roma, tra le vie strette e quelle di ampio respiro, tra l’arco di Costantino e il Circo Massimo, si inserisce via di San Gregorio. Proprio qui, lungo il muro che costeggia la strada, è affissa una targa celebrativa le cui parole impresse sfuggono all’attenzione dei passanti:
Ad Abebe Bikila,
Maratoneta d’Etiopia
Vincitore della Maratona della XVII Olimpiade
Napoli, 27 giugno 1971, stadio San Paolo ore (più o meno) 18.40.
Dall’emittente radiofonica nazionale, il sempre troppo poco compianto Sandro Ciotti informava i radioascoltatori che al termine di una trama di gioco sulla fascia sinistra orchestrata da Braca – entrato grazie a un’intuizione di Mister Seghedoni una decina di minuti prima per lo stremato Ciannameo per quello che era l’unico cambio consentito per i giocatori di movimento – Franzon e Gori, che era riuscita a rompere l’assedio biancorosso, quest’ultimo crossava velenosamente la palla in area dove Angelo Mammì anticipava il portiere Spalazzi depositando la palla in rete, portando non solo il Catanzaro, ma l’intera Calabria e probabilmente anche l’universo concettuale del calcio di provincia del Sud in Serie A, dopo altri dieci minuti che ai presenti e a tutti coloro che avevano a cuore le sorti dei giallorossi sembrarono un’immensità.