Il 6 febbraio 1945 nasceva, presso il piccolo paesino giamaicano di Nine Mile, Robert “Bob” Nesta Marley. Conosciuto in tutto il mondo come il più grande cantante reggae mai vissuto Marley, quest’anno, avrebbe compiuto 75 anni.
Uso il condizionale perché Bob Marley è morto l’11 maggio 1981, a Miami, a soli 36 anni di età a causa di un tumore. Quel tumore fu la conseguenza di una ferita non curata all’alluce destro che il cantante si era fatto durante una partita di calcio giocatasi il 10 maggio del 1977 a Parigi, durante il tour del favoloso album Exodus.
Nel mondo dello sport, si sa, ci sono alcuni eventi che passano alla storia perché raccontano ben più di quello che effettivamente avviene “sul campo”. Uno dei più famosi fu un incontro di boxe che si tenne esattamente 45 anni fa, il 30 ottobre 1974, presso lo Stade Tata Raphaël dell'allora capitale dello Zaire Kinshasa (oggi città principale della Repubblica Democratica del Congo).
Quel giorno sul ring, per sfidarsi nella conquista del titolo mondiale dei pesi massimi, salirono i due più importanti pugili del tempo: George Foreman e Cassius Clay. Quest'ultimo aveva già deciso di cambiare il suo nome in Muhammad Ali data la sua conversione alla fede islamica.
Il match rappresentava un vero e proprio confronto tra due mondi opposti e passò alla storia con il soprannome di “Rumble in the Jungle” (che in italiano verrebbe tradotto come “La Rissa nella Giungla”).
Erano giorni che pensavo a un articolo sul portiere, ma avevo il terrore come spesso succede che mi si etichetti per un partigiano del ruolo. Cosa che in effetti il più delle volte non fa una piega.
Avevo i miei ottimi spunti, il compleanno di Yashin per esempio,desistendo dallo scrivere per il sol fatto che stavolta, i più si erano documentati oltre le solite banalità sulla sua vita e carriera, trovando quel che si è scritto sul Regno Nero fosse buono e mai superficiale.
Poi sono usciti i nomi dei candidati al Pallone d’oro, occasione in cui, seppure in lizza ci fossero ben tre portieri, nessuno di loro era realmente un candidato forte per la vittoria finale. E perché? Se non ora quando? Avete visto la stagione di Alisson?
Com’è ampiamente immaginabile, la quarantaseiesima edizione della Maratona di Berlino in programma domenica prossima attirerà tutti gli appassionati e intenditori che potranno soffermarsi sulle principali stelle, sia in campo maschile con Kenenisa Bekele, l’etiope tre volte campione olimpico, i suoi connazionali Birhanu Legese, Leul Gebrselassie e Sisay Lemma e il keniota Felix Kandie, che in quello femminile come Gladys Kerono e Meseret Defar.
Tuttavia, anche chi non è esattamente un appassionato del podismo potrebbe trovare dei motivi di interesse per seguire la gara, magari adottando alla lettera i dettami di De Coubertin, quindi senza il bisogno di doversi necessariamente concentrare sulla testa della corsa e sui probabili vincitori, ma sui partecipanti e in particolare su uno di essi che porterà sulle proprie spalle il dolce peso di dover rappresentare un intero popolo, o più prosaicamente una bandiera della Palestina.