Dal 19 al 22 luglio 2001 si svolse, nella città italiana di Genova, la riunione dei capi di Stato degli 8 paesi più industrializzati della terra, meglio conosciuta con il termine di G8. La repressione della polizia fu durissima per fermare le numerose manifestazioni di protesta che si tennero in quelle stesse ore nel capoluogo ligure.
Tra le numerose persone che presero parte alle manifestazioni contro il vertice dei “grandi della Terra” vi erano moltissimi giovani che, ad oggi, si ritrovano a dover pagare ancora le conseguenze di quella loro scelta. Inoltre furono molte e differenti le organizzazioni che si mobilitarono in vari modi in quelle calde giornate estive del 2001.
Visto che siamo una testata di sport popolare ci siamo chiesti se, e in che modo, questo lato dello sport abbia dato un suo contributo in termini di partecipazione alle proteste in occasione del G8 del 2001. Per farlo abbiamo intervistato un atleta della “Massa Rugby Genova”, realtà nata nello scorso gennaio e molto attiva nel campo militante della città della Lanterna.
Da qualche settimana il Salento, per essere precisi la zona della Marina di Melendugno e di San Foca, è al centro dell'interesse nazionale a causa della costruzione del TAP (Trans-Adriatic Pipeline). Il progetto , che prevede la costruzione di un gasdotto per trasportare il gas naturale dall'Azerbaijan al cuore dell'Europa, rischia seriamente di distruggere una delle più belle zone della costa adriatica italiana.
Per questo, e per molti altri motivi, la popolazione locale ha dato il via ad una protesta che, tra blocchi dei cantieri ed altre azioni, ricorda molto quella che il popolo della Val Susa sta portando avanti, da oramai 25 anni, contro il treno ad alte velocità della TAV. Tutto questo va avanti nonostante la ferma convinzione delle istituzioni locali e nazionali che dicono che questa grande opera debba essere portata avanti visto il suo “interesse strategico”, non si sa da quale punto di vista però, per il paese.
Non insisteremo tanto sull'assunto che lo sport è una metafora della nostra società: in fin dei conti è la mission che ci siamo posti sin dall'inizio di questo progetto, pertanto nessuno si aspettava che nell'Italia, la terra del gattopardiano "se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi", la situazione in seno alle federazioni sportive potesse essere un'eccezione. Anzi, forse proprio queste rappresentano uno degli specchi più fedeli del nostro paese, con un gruppo ristretto di persone che tra nepotismo e illeciti di varia natura non hanno intenzione di scollarsi dalle poltrone grazie alle quali, oltre a incrementare il proprio rendiconto personale, sono riusciti a creare una vasta rete di clientele inscalfibili nel tempo, il tutto ovviamente senza la benché minima rappresentanza femminile.
Briganti Fuorigioco è un progetto che prende forma ufficialmente all’inizio del 2017 ma che nasce in realtà da un’esperienza iniziata nel 2005 da un gruppo di persone che, fin dalle prime uscite della Brigata Dax, si sono unite alla squadra come sostenitori dei giocatori, del progetto e dei suoi valori. Partendo dall’importanza dello Sport Popolare, che rappresenta un fondamentale punto fermo per la crescita di aggregazione, per la rinascita di una socialità vera ormai quasi completamente annientata, per la promozione di un’uguaglianza sociale, sotterrata dal mondo dello sport sempre più per pochi e, soprattutto, ricchi, e unendo a questa i valori antifascisti, antirazzisti, di lotta di classe e di giustizia sociale, Briganti Fuorigioco nasce con la prospettiva di crescere per essere un esempio di vera alternativa e di lotta contro discriminazioni economiche e razziali, uno spazio per i compagni antifascisti interessati al mondo del calcio esclusi dalle curve in mano a gruppi di estrema destra, un mezzo per riappropriarsi di spazi pubblici ormai svuotati di Milano e della sua periferia.