In uscita in questi giorni per l’etichetta Hellnation Libri – Red Star Press, “La guerra del pallone” di Gabriella Greison (http://bit.ly/1Pkiozx) racconta storie di vita e di calcio in Palestina. Pubblichiamo l’introduzione al volume firmata da Roberto Vecchioni, noto non solo per brani come “Samarcanda” o “Luci a San Siro”, ma anche per aver parlato di Palestina in due canzoni, riprese in questo pezzo: “Shalom” e “Marika”.
Era il 2002 quando è uscita la mia canzone “Shalom” (fa parte dell'album “Il lanciatore di coltelli”, EMI), raccontava di un ragazzo israeliano che si faceva delle domande. La sua, era una presa di posizione netta, precisa, rispetto alle idee integraliste della sua famiglia. Era un ragazzo che pensava, che ragionava con la sua testa, e quindi - per questo motivo - si faceva delle domande. Il testo della canzone era molto costruito, molto profondo: era una sorta di volo, di allargamento delle solite vedute politiche su quest’argomento. Era un segnale, che avevo voluto lanciare, come dire: esiste sempre un altro punto di vista sulle cose. Basta girarsi, basta cambiare prospettiva. È dovere di un intellettuale far vedere ogni prospettiva. Io uso le parole, per dire qualsiasi cosa: le canzoni sono un prolungamento dei miei pensieri. Le canzoni, come i libri, servono sempre a questo scopo.
Il testo era chiaramente un invito al dubbio, al porsi delle questioni. Non soltanto per noi, per loro. Era un invito alla pace. Perché anche così si contribuisce.
Direttamente dalle pagine del primo numero di UNO-DUE, la nuova rivista-libro dedicata al mondo del calcio in senso storico, sociale, politico e culturale, un bel contributo di Nicolò Rondinelli, stimato autore di Ribelli, sociali e romantici. FC St. Pauli tra calcio e resistenza (Bepress, 2015). Oggetto dell’articolo, la Germania di Lӧw, capace di vincere in Brasile il quarto titolo mondiale tedesco, ma soprattutto di raccogliere il «frutto di una politica pluridecennale di valorizzazione dei giovani, e di uno spirito di coesione totale, non solo a livello calcistico».
Una vittoria globale. Un sapore di rivincita, dicono in molti. La Germania di Götze, Müller e Neuer, orchestrata dal bravo Joachim Löw, ha fatto terra bruciata in una terra già martoriata da speculazioni e relative proteste. Silenziosa, sobria, quadrata e compatta com’è suo abituale uso. Una corazzata con un’età media pari a 26 anni e 114 giorni, frutto di una politica pluridecennale di valorizzazione dei giovani calciatori.
Arriva in un circuito selezionato di librerie il primo numero di una rivista-libro che si candida al ruolo di oggetto di culto per chi ama riflettere sul calcio e su ciò che si agita dentro e fuori il pianeta del pallone. Disponibile on-line all’indirizzo www.uno-due.it, abbiamo recuperato il bel volume presso il nostro pusher di fiducia: Hellnation, il negozio romano di Roberto Gagliardi. E questa è la nostra recensione.
«Dalle pesanti critiche subite dalla FIFA, al fracasso della Spagna, dell’Italia e dell’Inghilterra, dalla partecipazione corale dei media di tutto il mondo, fino alla consacrazione del soccer negli Stati Uniti, Brasil 2014 è stato indubbiamente uno dei mondiali più rivoluzionari di sempre. A un anno dalla sua fine, il mondo del calcio si trova ancora a processare le nuove dinamiche e i nuovi equilibri che si sono creati».
Si presenta così UNO-DUE, la nuova rivista-libro dedicata al mondo del calcio. Come recita la sua testata, sono«120 pagine, più rigori», e quindi ben 176 pagine, tutte a colori per un volume elegantemente cartonato (il prezzo di copertina è di 20 euro per una tiratura di 250 copie) e consacrato a un’idea di sport che non ha nessuna intenzione di considerare la competizione come un fenomeno ripiegato dentro se stesso. Si tratta, al contrario, di una realtà interessante, anzi fondamentale, esattamente per le implicazioni di ordine sociale, economico e politico capace di fare di un gioco ciò che un sociologo d’altri tempi avrebbe definito un«fatto sociale totale».
Il 10 agosto del 1980, sbarca a Roma il “Divino” Paulo Roberto Falcão. La rievocazione di quella giornata è affidata alla penna dello scrittore Alessio Dimartino e al suo “Falcão. L’ottavo re di Roma”, biografia letteraria dedicata al campione brasiliano: uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi ma soprattutto, nel libro di De Martino, pubblicato dalla Perrone nella nuova collana “Fuoriclasse”, occasione per tornare con la storia e con la memoria in un tempo in cui tutto ciò che accadeva intorno a un pallone poteva chiamarsi in tanti modi, tranne che “calcio moderno”.
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Mio padre quel mercoledì decise di portarci al mare da zia Teresa, che aveva una villetta bifamiliare abusiva nell’entroterra di Maccarese. Si prese un giorno di ferie, quel mercoledì, mio padre, perché noi di solito le vacanze le facevamo a luglio e lui i trenta canonici se li spendeva lì. Andavamo a Grottammare, vicino San Benedetto del Tronto. Un posto tranquillo, per famiglie. Pensa, ci vado ancora oggi. Comunque, quella mattina partimmo direzione Maccarese. Mia madre e mia sorella erano elettrizzate per questa scampagnata fuori programma. Mio padre invece era stranamente taciturno. Non che fosse un chiacchierone, ma di solito in contesti vacanzieri si lasciava un po’ andare. Quel giorno no. Concentrato sulla guida, accigliato, muto. Allo svincolo per Maccarese tirò dritto. Mia madre protestò, lui disse che s’era distratto, che saremmo tornati indietro all’altezza di Fiumicino. Avvicinandosi all’aeroporto il traffico s’intensificò parecchio. Le auto mostravano appese ai finestrini svariate bandiere giallorosse. Mia sorella iniziò a frignare, mia madre guardò mio padre con lo sguardo sbieco da ‘non pensare che non abbia capito, maledetto stronzo’. Guidò come un automa, parcheggiando in coda a una moltitudine infinita di macchine a circa un chilometro dagli arrivi internazionali. Finalmente mia madre chiese cosa stesse accadendo. Torniamo subito, rispose mio padre con voce metallica. E poi a me: vieni, andiamo.