Abbiamo tradotto questo breve saggio sulle radici popolari del Celtic Glasgow e della sua tifoseria, un testo che conferma l'idea che lo sport possa essere popolare anche ai massimi livelli, e non ci si debba accontentare della nicchia o delle categorie inferiori. La fonte è TAL Fanzine ( talfanzine.info ), pubblicazione legata all'ala più radicale della tifoseria. Buona lettura!
Frank Devine è laureato in Storia Economica, Sociale e Politica all'Università di Strathclide e ha collaborato ai libri “Celtic Minded”. Questo articolo è la trascrizione del suo intervento nella serie di dibattiti storici organizzati dalla Fondazione Eredità Irlandese in Scozia.
Coscienza sociale, classe e identità politica
di Frank Devine
Introduzione
Questa presentazione non parla di giocatori, manager, dirigenti o allenatori del Celtic. L'obiettivo di questo documento sarà puntato sul tifoso del Celtic, sulla “Celtic Fandom”; nello specifico, voglio esaminare il fenomeno-Celtic nell'ovest della Scozia, in particolare nelle roccaforti-chiave del tifo di Greater Glasgow e Lanarkshire.
Stordito dal caldo, vago tra gli scaffali reparto-casa di un supermercato sulla Portuense. In realtà non devo comprare niente.
Non sopporto l’aria condizionata, ma l’avventura a piedi sulla salita di Affogalasino mista al caldo mi ha tolto le forze. Cerco nel fottio di BTU erogati dalle macchine del freddo il meritato refrigerio.
Avevo superato bagnoschiuma e scopettoni, poi giù verso gli alimentari vedo un parapiglia. Una ragazza con fare arrogante spintona un anziano.
Lui si divincola. Con una testata colpisce la ragazza che con voce tra l’incredulo e il terrorizzato urla: «Oddio. Flavio Sandro aiutooooooo! Stanno a rubbà aiutooooo!».
Poi si guarda la divisa del supermarket sporca di sangue che gli cola con un rigagnolo dal naso.
Forse è rotto.
Si mette una mano sotto le narici poi la guarda. Sì, è proprio sangue, e come se qualcuno l’avesse spenta… sviene.
L’anziano si butta sotto uno scaffale.
Non per nascondersi, sarebbe da stupidi.
Mi avvicino, cerco di capire. I tanto agognati Flavio e Sandro arrivano. Lui emerge da sotto lo scaffale e facendola scivolare sul pavimento liscio e lucido mi tira una cosa rossa striata di bianco che sembra una spuntatura di maiale: «Prennila, te prego. Senza ‘n posso vive».
Metto in tasca il pezzo di carne che carne non è. È viscida e fredda. È una dentiera.
C'eravamo tutti quella notte nel seminterrato del club 360°, quartiere S.Lorenzo, Roma. I Barbera e champagne cominciavano a ingranare, i No Confidence avevano trascinato i fissati dell'hardcore pestone.
E c'erano anche i Dalton.
Mi ricordo che l'esordio fu scioccante, saliti all'aria aperta non si parlava d'altro. E io non ho smesso ancora, visto che ho avuto il piacere di avere il free Cd che sarà corredo del disco Lp con mesi di anticipo…e ve lo racconto.
Guardi la copertina e ti viene in mente la RCA degli anni 60/70, c'è la foto centrata della band e i titoli sono in bella vista. È azzurrina e verde acqua, DALTON, "Come stai?".
Parte il primo riff di pub rock'n'roll acido, qualcuno grida "E vai!" .
Esplode "Guarda Roma", una voce sgraziatamente intonata urla il degrado in cui versa la città con gli occhi che si riempiono di lacrime, il polso asciuga il viso, e il discorso prosegue con "Beato te", stesso impianto, ma stavolta il confronto con l'uomo realizzato nella società perbene scatena un singalong contagioso sui refrain. Il ritmo saltellante di "Niente Paura", ballabile Beat-punk in botta e risposta tra voce e cori sul tema della solitudine, e l'aria della malinconica "Si che si può" in odore di un certo Rino Gaetano, di un Califano struggente armato di armonica in mi maggiore , formano un un pacchetto di canzoni di forte impatto che da sole valgono la corsa.
Una squadra in cui le decisioni si prendono tutti assieme, dal presidente al magazziniere, dal direttore sportivo al panchinaro, dal numero 10 al preparatore atletico. In cui il ritiro viene abolito e sostituito da grigliate, casse di birra e lunghe discussioni collettive. In cui negli spogliatoi si parla di tutto: politica, schemi di gioco, problemi personali. In cui si tendono a parificare i salari e i premi partita. Per noi che siamo abituati a seguire il calcio popolare, questa sembrerebbe la descrizione di uno dei tanti progetti che continuano a nascere nelle nostre categorie inferiori, portando avanti l'eterna sfida di Davide contro Golia. Ma in questo caso stiamo parlando di qualcosa che si sviluppò in uno dei grandissimi club del calcio mondiale, quindi proprio nel ventre di Golia. Stiamo parlando del Corinthians dei primi anni '80, quello guidato e ispirato da Sócrates che passò alla storia come la Democrazia Corinthiana.
Stando a queste premesse, Compagni di stadio di Solange Cavalcante (Fandango Libri, 2014), giornalista italo-brasiliana e corinthiana militante, è una lettura obbligatoria per tutti coloro che aspirano ad un calcio (e, certo, ad un mondo) completamente diverso, in cui a farla da “padroni” siano i giocatori e lo staff tecnico, insieme ovviamente ai tifosi, e non quel sottobosco prepotente e parassitario di dirigenti, sponsor e affaristi, insomma coloro che sottomettono ogni aspetto del gioco a logiche di puro profitto.