La stazione di Manchester si chiama Piccadilly, la via principale Oxford Street: una strada che è lunga chilometri e chilometri. Cardo e Decumano: Manchester è i romani che l’hanno fatta così. Adesso il centro della città è un centro commerciale all’aperto, con le piastrelle per terra e gli ombrelloni delle caffetterie tipo “Bell’Italia”. Ci sono gli uffici, qualche college prestigioso e i negozi di tutte le catene del mondo, sembra che nessuno lavori per conto suo né che abiti qui.
A dormire si va altrove: lungo Oxford Street fino alle casette sui canali, dove tutto è lindo & pinto e l’architetto è un designer famoso. Le case hanno porte di vetro sottile: i bobby, fischietto e manganello, fanno il loro dovere. Mica dappertutto però. Qualcuno, a dormire, si ferma nei dintorni dello Stadio oppure vicino a Rasholme, il quartiere con trecento ristoranti pakistani. In uno cuociono il pane del kebab sulle pareti incandescenti di un forno di ghisa. In un altro, dentro, c’è una macelleria islamica che vende pure televisioni usate e videoregistratori.
Chissà quante volte ognuno di noi ha immaginato come sarebbe salire su una macchina del tempo. Questo libro (Calcio a 45 giri – Un viaggio nel calcio attraverso gli inni delle squadre italiane, di Scanna a.k.a. Riccardo Scannapieco, Caratterimobili, 2012, libro+cd), nel suo ambito, riesce a svolgere questa funzione. Più che un libro, una vera e propria guida: non ha parti che si possano definire narrative, ma illustra e cataloga con sorprendente minuzia tutte le canzoni ancora reperibili dedicate nel nostro paese alle squadre di calcio, o comunque legate al nostro campionato in qualche modo. Il criterio è quello del 45 giri: tutto il libro è una dichiarazione di profondo amore per il vintage e il kitsch, le canzoni vanno dai primi anni '60 al 1990, perché da lì in poi prese piede il freddo e impersonale cd-rom, e l'autore fissa quindi in quell'anno una dead-line. Il risultato è un viaggio quasi mistico attraverso il calcio della nostra infanzia, e per “nostra” intendo quella delle generazioni fino alla mia (nati negli '80, bambini nei '90), dopo di che tutto è stato youtube, paillettes e pay-tv.
Questo dossier vuole prendere in analisi la concezione e l’uso che dello Sport viene fatto all’interno dell’associazione neofascista CasaPound Italia e delle relative associazioni sportive e/o squadre che ne sono diretta emanazione. Il bisogno di trattare un argomento per eccellenza simbolo di integrazione e sani valori come lo sport, associandolo all’ultima e più attraente espressione della galassia neofascista nostrana, emerge nel momento in cui, da antifascisti/e quali siamo, cerchiamo con ogni mezzo necessario di smascherare il doppio gioco appunto, su cui pone le sue basi questa associazione. Un gioco fatto di scatole cinesi dove numerosi contenitori vuoti servono a coprire e nascondere il contenuto dell’ultima scatolina, che contiene la sorpresa. Partendo da una controinchiesta sulle palestre, sulle associazioni sportive e sulle molteplici squadre si cerca altresì, di smascherare il meccanismo generale che sottende alla strategia politica di CPI degli ultimi cinque anni; nello sport e non solo.
Qui sotto il link al PDF con l'intero dossier. Buona lettura!
http://antispefa.noblogs.org/files/2014/07/CPI_e_lo_sport_2014.pdf
Nonostante l’argomento succoso e il titolo roboante Dio, calcio, milizia non è il libro che ci si aspetta. Scritto da Diego Mariottini e uscito per Bradipolibri nel giugno 2015, doveva essere nelle intenzioni dell’autore la storia senza censure di Željko Ražnatović, detto Arkan.
Purtroppo non è così: o meglio, il lavoro è una lunga panoramica sulle imprese del comandante Arkan ma l’analisi si arena in superficie e aggiunge poco al dibattito sul personaggio, sulle crude vicende della Jugoslavia e sul rapporto fra militanza politica, ultras e fanatismo religioso.
Ma occorre procedere con ordine. La parte migliore è proprio il titolo, secco, graffiante ed evocativo. Una calamita per le attenzioni di chi casualmente passa in libreria e vuole saperne di più su ultras e guerre balcaniche.
Ma dopo aver scorso le prime pagine e superato l’entusiasmo iniziale, cominciano le delusioni.
Intanto le prime pagine sono una sequela di articoli tratti da diversi giornali – La Repubblica, Il Corriere della Sera e Il Secolo XIX – un espediente che usa l’autore per restituire il clima di quegli anni a cavallo fra il 1980 e il 1990 quando la Jugoslavia è in disfacimento ma è ancora unita e il “circo calcistico” diventa il luogo privilegiato in cui inizia a manifestarsi il nazionalismo xenofobo.