Il 12 e 13 febbraio scorsi, nelle regioni di Lazio e Lombardia, si è votato per il rinnovo dei rispettivi consigli regionali. Alla fine si sono rispettate le previsioni della vigilia che prevedevano, in entrambi i casi, una vittoria netta e schiacciante da parte dei candidati di centrodestra.
Questa tornata elettorale, però, è passata alla storia per il più alto indice di astensionismo mai registrato in Italia da quando è stata fondata la Repubblica. Se in Lombardia si è recato alle urne appena il 41% degli aventi diritto, nel Lazio è andata ancora peggio.
Nella regione di Roma ci si è infatti fermati a un misero 37%, con il 33% dell’affluenza registrato nella Capitale. In pratica, un solo romano su tre all’incirca si è recato alle urne.
Se poi vediamo la distribuzione dei voti all’interno del GRA vediamo una differenza ancora più netta tra la zona centrale e la periferia dell’Urbe. Nella prima l’affluenza non è del tutto crollata mentre in periferia il distacco dal panorama politico nostrano è stato a 360° e le urne sono rimaste, in alcune zone, letteralmente vuote.
La storia è fatta di cicli che si ripetono; sempre e comunque, in ogni ambito possibile. Pochi giorni fa la AS Roma, dopo la scellerata finale di Budapest dello scorso 31 maggio contro il Siviglia, pilotata da alcune decisioni senza senso dell’arbitro inglese Anthony Taylor, ha conosciuto le avversarie del suo girone di Europa League.
I giallorossi, inseriti nel gruppo G della competizione che si concluderà il 22 maggio 2024 con la finale di Dublino, hanno pescato gli svizzeri del Servette, i moldavi dello Sheriff Tiraspol e i cechi dello Slavia Praga.
Al giorno d’oggi in Spagna, è difficile non menzionare in una qualsiasi conversazione il caso del bacio di Luis Rubiales (Presidente della Real Federcalcio spagnola) a Jenni Hermoso. Tutto è iniziato durante la consegna delle medaglie alle campionesse del mondo, quando è stata la volta dell’attaccante del Pachuca, il presidente le ha dato un bacio che ha aperto un dibattito intenso e acceso in Spagna sulle sue dimissioni dalla carica di capo della RFEF.
Poche settimane fa il governo guidato dalla premier Giorgia Meloni ha avuto una sua ennesima idea nazionalista. Era infatti inizio giugno quando, l’amministratore generale della Lega Calcio Lugi De Siervo, affermava, in una intervista rilasciata al quotidiano spagnolo “As” che da quel momento all’estero il maggior campionato calcistico nazionale sarebbe stato riconosciuto con il nome di “Serie A-Made in Italy”.
Giunti a questo ultimo capitolo dedicato al calcio sovietico, dopo aver tracciato una cronologia di base, aver parlato di alcuni dei club più rappresentativi della storia sportiva del calcio sovietico, ora tocca alla nazionale che è riuscita a fare una sintesi di tutto quello descritto fino a ora. La nazionale sovietica incarnò tutti i dettami dello sport socialista: pianificazione sportiva e un calcio votato alla vittoria. La parola d’ordine fu pianificazione, quindi il governo sovietico si impegnò nella costruzione di numerose strutture sportive pubbliche e questo consentì all’Urss di crescere atleti competitivi in ogni ramo sportivo.
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
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