Il calcio e la politica, in queste ultime settimane, nonostante si continui a dire che sono due ambiti totalmente scollegati tra loro, hanno mostrato di avere più di un punto in comune. Si pensi alla questione palestinese.
Da un lato, il mondo del pallone mainstream, ha voluto rendere omaggio solamente alle vittime del crudele attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso (ma non ha voluto ricordare le migliaia di morti a Gaza sotto le bombe del regime sionista). Dall’altro, invece, sono state numerose le dimostrazioni di appoggio alla popolazione della Striscia con numerose bandiere delle Palestina che sono state fatte sventolare nelle curve di molti paesi, europei e non, durante i match di qualsiasi categoria, da quelli professionistici ai dilettanti.
Due pesi e due misure sono stati usati in questo caso, almeno a parere di chi scrive. Se infatti si è cercato in tutti i modi di far capire a chiunque l’ignobile infamia di Hamas compiuta il 7 ottobre scorso poco si è fatto per far capire a tutti che anche la risposta sionista è stato parecchio oltre le righe e che, con la scusa di difendere la sicurezza di Israele, l’esercito sionista sta compiendo una vera e propria pulizia etnica a Gaza City.
La storia è fatta di cicli che si ripetono; sempre e comunque, in ogni ambito possibile. Pochi giorni fa la AS Roma, dopo la scellerata finale di Budapest dello scorso 31 maggio contro il Siviglia, pilotata da alcune decisioni senza senso dell’arbitro inglese Anthony Taylor, ha conosciuto le avversarie del suo girone di Europa League.
I giallorossi, inseriti nel gruppo G della competizione che si concluderà il 22 maggio 2024 con la finale di Dublino, hanno pescato gli svizzeri del Servette, i moldavi dello Sheriff Tiraspol e i cechi dello Slavia Praga.
Al giorno d’oggi in Spagna, è difficile non menzionare in una qualsiasi conversazione il caso del bacio di Luis Rubiales (Presidente della Real Federcalcio spagnola) a Jenni Hermoso. Tutto è iniziato durante la consegna delle medaglie alle campionesse del mondo, quando è stata la volta dell’attaccante del Pachuca, il presidente le ha dato un bacio che ha aperto un dibattito intenso e acceso in Spagna sulle sue dimissioni dalla carica di capo della RFEF.
Poche settimane fa il governo guidato dalla premier Giorgia Meloni ha avuto una sua ennesima idea nazionalista. Era infatti inizio giugno quando, l’amministratore generale della Lega Calcio Lugi De Siervo, affermava, in una intervista rilasciata al quotidiano spagnolo “As” che da quel momento all’estero il maggior campionato calcistico nazionale sarebbe stato riconosciuto con il nome di “Serie A-Made in Italy”.
Giunti a questo ultimo capitolo dedicato al calcio sovietico, dopo aver tracciato una cronologia di base, aver parlato di alcuni dei club più rappresentativi della storia sportiva del calcio sovietico, ora tocca alla nazionale che è riuscita a fare una sintesi di tutto quello descritto fino a ora. La nazionale sovietica incarnò tutti i dettami dello sport socialista: pianificazione sportiva e un calcio votato alla vittoria. La parola d’ordine fu pianificazione, quindi il governo sovietico si impegnò nella costruzione di numerose strutture sportive pubbliche e questo consentì all’Urss di crescere atleti competitivi in ogni ramo sportivo.
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
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