Fino al 1933, gli ebrei erano parte integrante del calcio tedesco. Dopo la loro espulsione e l'Olocausto, ciò fu quasi completamente dimenticato. Una cultura del ricordo è emersa solo negli ultimi anni.
Quando il calcio arrivò in Germania alla fine del XIX secolo, il gioco inglese era considerato in maniera sprezzante da molti cittadini con definizioni tipo "ciondolamento di piedi" o "malattia inglese", quindi non venne accolto positivamente. Le vecchie élite erano critiche perché il nuovo sport era cosmopolita, tollerante e orientato a livello internazionale. A differenza della ginnastica, che aveva dominato fino ad allora, che allevava i giovani con esercitazioni militari e in uno spirito strettamente nazionale tedesco, offrendo opportunità individuali di movimento e sviluppo.
Che il re fosse nudo era chiaro già da tempo, così come appariva ugualmente chiaro che l’architettura neoliberista avrebbe cominciato a scricchiolare pericolosamente; non in Europa, dove un mix di repressione tecnologica e solide reti clientelari, pur con fatica, riescono a garantire la tenuta dello status-quo (chissà ancora per quanto…), ma laddove era convinta di giocare in casa, o meglio nel proprio “giardino di casa”. Quel Sud America ancora capace di mobilitarsi e reagire colpo su colpo a ogni suggestione golpista delle classi dominanti e delle élite neoliberiste, proprio quando erano convinte di aver pacificato il continente tra un Guaidó di qua e un Bolsonaro di là.
In occasione dell’uscita di “Federico Ovunque” (https://bit.ly/2CpSxHr), scritto da Daniele Vecchi per Hellnation Libri, pubblichiamo in anteprima la prefazione al volume, scritta dal papà di Aldro. A Lino, così come a tutti i familiari e agli amici di Federico, va la nostra solidarietà incondizionata e tutto il nostro affetto, insieme all’ammirazione per l’ininterrotta battaglia condotta nel nome della memoria, della giustizia e della libertà. Federico vive!
Anche quest’anno qualcuno mi avrebbe chiesto: «Cos’ha fatto la Spal?».
Sorrido nel pensare che quel qualcuno, ogni domenica nell’anno trascorso, è stato lì a guardarci accarezzato dal vento, grazie a chi ha pensato di adottarlo come amico, come fratello, per non far vincere la morte; e per non far vincere chi, di quella morte orribile, resterà per sempre il responsabile.
Meravigliosa e commovente l’idea di quella bandiera dei ragazzi della Curva Ovest che nonostante tutto, alla faccia di un mondo malato di troppe cose, ha restituito a quel ragazzo, mio figlio, il calore e l’affetto di tanti cuori, quasi come a cercare di sconfiggere quel freddo bestiale, inenarrabile, che Federico incontrò una fredda e maledetta mattina di quindici anni fa.
In occasione dell’uscita di “Una trasferta lunga una vita. Passioni sportive e storie militanti di un ultras eretico”, scritto da Mariano Aloisio per Hellnation Libri, pubblichiamo il capitolo che dà il titolo al volume. Dedicato, neanche a dirlo, a uno dei cardini della vita vita ultras: la trasferta.
Per molti emigrati “malati” come noi, per studio o per lavoro, c’era e, ancora per pochi, c’è un solo modo per non staccare mai il cordone ombelicale che ci tieni uniti alla terra madre: seguire e sostenere il Catanzaro, soprattutto in trasferta. Non sono mai esistite donne, feste, intemperie, manifestazioni, vacanze che potessero sovvertire quest’ordine divino. La trasferta veniva prima di ogni altra cosa al mondo. Che fosse a cento chilometri di distanza o a mille, che avessimo diecimila lire in tasca o cinquantamila, non faceva alcuna differenza. Per gente senza patria come noi, romani a Catanzaro e calabresi a Roma, tifare la squadra della propria città anche in serie Z era motivo d’orgoglio e marcava una notevole differenza. Soprattutto ci distanziava da quelli che chiamavamo “calabresi pentiti”, ovvero quella moltitudine di “perdenti” che, attraverso il tifo per squadre tipo Milan, Inter e Juve, cercavano un riscatto sociale o un modo, sbagliato, di integrarsi nelle città dove erano emigrati.
L'8 giugno 1990 prendeva il via la Coppa del Mondo Fifa di Italia 90. In questi giorni, manco a dirlo, su vari giornali del Belpaese si possono leggere numerosi articoli e ricordi “romantici” di quelle giornate che, purtroppo per i colori azzurri, si conclusero in un modo non proprio felice.
Al contempo, sono stati veramente pochi coloro che hanno messo in risalto i vari problemi, soprattutto dal punto di vista economico, che quel mega-evento lasciò. Tra stadi enormi costruiti nel nulla, si pensi al San Nicola di Bari, in zone che avevano bisogno di ben altro tipo di servizi pubblici, e infrastrutture mai utilizzate sono stati parecchi gli sprechi, grazie soprattutto ai preventivi non rispettati, in lungo e in largo per tutto lo Stivale.
Non è mancato neanche chi ha raccontato le curiosità e gli aneddoti, legati prettamente all'ambito calcistico, di quell'evento. Sono molti gli esempi che si possono fare in questo campo: dal fatto che quello italiano sia stato l'ultimo mondiale a cui partecipò la nazionale tedesca divisa fino alla strabiliante impresa della nazionale africana del Camerun che riuscì ad arrivare fino ai quarti di finale del torneo prima di essere eliminata dall'Inghilterra.
Un punto di vista differente sui fatti di stretta attualità sportiva e sociale.
Fatti, notizie e curiosità sullo sport popolare, sulla settimana appena trascorsa e su quella che verrà
Donne e uomini diventati per qualche motivo esempio
Il mondo dello sport popolare visto attraverso gli occhi della letteratura, della musica e della cultura popolare
Quello che la settimana riserva: appuntamenti, incontri, partite e iniziative su tutto quello che è sport popolare