Il 31 Luglio intorno alle 11:00 squilla il telefono.
«Pronto».
«Salve, chiamo dalla Federazione, con chi parlo della Borgata Gordiani?».
Ecco il primo problema. Come spiegare a una delegata federale che non sta parlando con il presidente, con il direttore sportivo, o con il segretario? Tentiamo la strada della sincerità:
«Sono solo quello che ha fatto le pratiche per l’iscrizione lo scorso anno».
La perplessità dall’altro capo del telefono è tangibile ma, per fortuna, a chi chiama poco interessa degli strumenti organizzativi di cui ci siamo dotati, della nostra struttura societaria orizzontale e dei nostri meccanismi decisionali assembleari. Chi chiama ha un altro compito: riempire un posto vacante nella griglia del prossimo campionato di Seconda Categoria. Decide, pertanto, di tagliare corto scegliendo come noi la via della sincerità:
«Ah, ok, va bene. Vi volevo fare una proposta: vi interessa la Seconda Categoria?».
È vero, il Mondiale di calcio femminile francese è finito già da qualche settimana e le analisi tecniche sono state anche abbondanti, tante persone che prima snobbavano il calcio femminile hanno cominciato a ricredersi vedendo un percorso intrapreso che ha cominciato a portare i primi risultati. Naturalmente non ci riferiamo alle questioni da fatturato auspicate dalla FIFA, ma a dati magari passati in sordina che la dicono lunga su come stia crescendo l’intero movimento: ad esempio il fatto non proprio trascurabile che, se all’inizio della competizione su ventiquattro squadre solo otto erano allenate da donne, ai quarti di finale tra le otto superstiti ben cinque avevano una donna come ct.
Proprio per questo abbiamo pensato di parlarvi del profilo di quattro atlete che alle qualità sul rettangolo verde hanno abbinato quelle al di fuori dello sport.
Sabato 6 luglio si è tenuta la quarta edizione del Torneo di calcio antirazzista di Bruxelles: scriviamo queste poche righe per condividere qualche elemento di questo percorso.
Iniziamo ringraziando chi ci ha concesso questo spazio su sportpopolare.it, riferimento per chi, come noi, porta avanti delle pratiche di sport popolare ovunque si trovi. Con Sport popolare ci siamo incontrati a Parigi nel gennaio di quest’anno, in occasione di un’assemblea a cui siamo stati invitati insieme ad altre realtà francesi, italiane e belghe, per scambiare le rispettive esperienze di sport popolare. L’evento, organizzato dai compagni e le compagne del MFC 1871, ci ha permesso una piacevole trasferta a Parigi, descritta benissimo qua.
Si fa in fretta a dire che lo sport e la politica dovrebbero restare separati su due piani che non devono mischiarsi mai. Peccato che a ben vedere chi propugna queste tesi lo fa spesso e volentieri (per non dire sempre) in malafede e anche il caso di cui vi stiamo per raccontare non fa eccezione.
Mercoledì scorso si sarebbe dovuta disputare la finale di ritorno della Palestine Cup, una delle principali competizioni calcistiche per il popolo palestinese, tra il Markez Balata (vincitore della Lega Nazionale Maschile del Nord, quella della Cisgiordania) e il Khadamat Rafah, (vincitore di quella del Sud, vale a dire i territori della striscia di Gaza) terminata per uno a uno all’andata, ma questa partita non si è mai disputata.