Il 28 aprile è una data abbastanza particolare per la storia del Belpaese. In quel giorno del 1945 veniva infatti ucciso Benito Mussolini a Dongo, piccolo paese della provincia di Como. Il giorno seguente il suo corpo veniva appeso a Piazzale Loreto a Milano per rendere ufficiale la fine del regime fascista.
Sempre in questa giornata, però, avvenne anche un altro importante evento che coinvolse un famoso personaggio sportivo a livello internazionale. Il 28 aprile del 1967, esattamente 55 anni fa, il pugile americano Muhammad Alì, dichiarandosi obiettore di coscienza, rifiutava di arruolarsi nell'esercito americano per andare a combattere in Vietnam.
Se atrocità e propaganda sono le uniche due certezze della guerra, non è difficile immaginare quanto anche gli sport da combattimento possano diventare vettori del consenso, soprattutto in due paesi come Ucraina e Russia dove pugilato, mma e lotta sono pietre miliari del sistema educativo-sportivo, oltreché sport molto praticati, con un discreto seguito a livello di opinione pubblica.
In un momento in cui oltre al brutale scontro militare sul campo persiste un conflitto più sofisticato – ma ugualmente importante e determinante – che si combatte a livello comunicativo, tutto è utile a livello di propaganda. Quindi anche gli sport da combattimento diventano tasselli importanti di un mosaico più complesso.
Arrivati a questo punto della stagione è tempo di verdetti. Il campionato di Lega Pro ha già il suo primo vincitore: il trionfo del Bari, mattatore del campionato con tre giornate di anticipo, ha posto la parola game over a un torneo concluso senza troppi affanni.
Ma il ritorno in cadetteria dei pugliesi dopo quattro anni tra inferno e purgatorio, è un ottimo spunto per porre l’accento su alcuni temi ampiamente scomodi e taciuti dai sepolcri imbiancati del giornalismo mainstream. Questa amara riflessione apparirà sicuramente rancorosa e piena di livore, ma lungi dal voler apparire fazioso, la vittoria della compagine di De Laurentiis jr (ampiamente meritata per il valore che il roster pugliese ha espresso in campo) mette a nudo le tante incoerenze del sistema calcio, che ho mal digerito anche quando – nelle passate stagioni – la posizione di classifica dei galletti era stata differente e a giocare il ruolo dell’antagonista non era stata la mia squadra del cuore.
Non è elogio del dolore né pornografia dello stesso. È esigenza, pura necessità di gridare al mondo. È ulteriore sberleffo della vita nel pantano odierno dell’ingiustizia, e tremendamente infame il momento. Andrea si è spento. Non è retorica mai, e non potrebbe mai esserlo raccontare la verità, affinché le nostre vite abbiano un senso la strada deve essere segnata dalle migliori guide. Andrea lo era. Ma non lo era perché doveva esserlo, la scelta di esserlo nasceva dalla sua di esigenza, quella espletare il rinnovamento dell’essere umano, disossarlo dai suoi orpelli politici e sovrastrutturali, per regalarti un attimo sincero di umanità intrinseca. Nell’ultimo momento di confronto assieme la tua esigenza fu di ricordarmi che in tutte le guerre perde sempre l’umanità al di là delle ragioni di geopolitica. Ecco l’uomo, il suo avvenire, le generazioni che cresceranno al culto di un’umanità diversa. Quella stessa umanità docile ma determinata dei tuoi sorrisi, del tuo essere immortale.