C'è una periferia napoletana che non è necessariamente quella che è stata sbattuta in televisione dalle fiction e snaturata dagli inopportuni accostamenti dei giornalisti e dalle storpiature dei fan televisivi. Ma, sebbene meno attraente per l'universo mainstream e per i cultori dell'approccio turistico alla sociologia dei territori, c'è una periferia napoletana (a dire il vero più di una...), fatta di uomini in carne e ossa e delle loro lotte quotidiane per affermare il valore intrinseco della loro esistenza e riappropriarsi di tutto quello che la frenetica tirannia del tempo e del suo incedere vorrebbe privare loro e tutti noi: l'allegria, la socialità, l'identità e il confronto.
Ogni due anni ad Amburgo gli Ultras del Sankt Pauli organizzano l'antira, il torneo delle tifoserie antifasciste (https://www.facebook.com/antirastpauli/?fref=ts). Una tre giorni di sport, aggregazione, dibattiti e musica in cui si ha l'opportunità di condividere esperienze con i militanti antifascisti delle curve di tutta Europa e non solo. Noi del Quartograd abbiamo partecipato insieme alla rete di Rebel Ultras (https://www.facebook.com/RebelUltras/?fref=ts) di cui facciamo parte ormai da diverso tempo ormai. L'accoglienza e l'organizzazione dell'evento che si è svolto all'interno dello stadio Millerntor sono state veramente impressionanti. Per gli ospiti sono stati montanti dei tendoni con letti da campo che venivano divisi tra le varie tifoserie. Noi siamo stati con i Bohemians di Praga e con gli amici Ultras Inferno dello Standard Liegi e Gate 9 dell'Omonia di Nicosia. I bagni e le docce dei giocatori erano stati messi a nostra disposizione. Può sembrare un dettaglio secondario ma non è così. La cosa che impressiona di più dell'antira è vedere che lo stadio del Sankt Pauli appartiene totalmente ai suoi tifosi e viene messo a loro totale disposizione. Dai bar e le cucine (con piatti per tutti dai carnivori ai più incalliti vegani), ai bagni e fino al campo che era stato diviso in tre per il torneo di calcio a 7 che si è svolto nei tre giorni, i tifosi erano i veri padroni. Si potrebbe immaginare una cosa del genere al San Paolo di Napoli, all'Olimpico di Roma o in un qualsiasi altro stadio italiano?
"Il calcio popolare negli ultimi anni in Italia è cresciuto parecchio, ma cosa s'intende per calcio popolare?”
Si chiama popolare perché nasce dalla volontà di vivere il calcio in maniera genuina, autogestendo la squadra con un gruppo di tifosi che si sostituisce a presidenti capi e padroni, senza sponsor né business attraverso l'autotassazione e le iniziative benefit e con l'obiettivo di vivere e liberare gli spalti dagli interessi e dai calcoli politicomafiosi di molte tifoserie organizzate di squadre professionistiche. La necessità di agire in questo modo dipende dal fatto che il calcio oramai è diventato irraggiungibile a causa dei prezzi esorbitanti dei biglietti, non solo in tribuna ma anche in curva, rendendo sempre più difficile per chi non riesce ad arrivare a fine mese passare una domenica allo stadio (figurati andare in trasferta!); un business creato su misura per un pubblico sempre più controllato, basta pensare alle restrizioni che si è costretti a subire, insieme a orari improponibili dettati dagli interessi dello spettacolo e delle tv.
Pubblichiamo questo contributo da parte di un amico e grande appassionato. Nell’arco di qualche giorno pubblicheremo un nostro editoriale di risposta ai punti critici, tutti reali e meritevoli di riflessione, sollevati in queste righe. Perché, nello sport come nella vita, senza autocritica è impossibile una reale crescita.
In genere parte così : - Siamo l’alternativa a Sky, siamo contro il calcio moderno.
Se provi ad approfondire, si va un po’ più nel vago, se insinui che qualunque società di calcio dilettantistica, ma non solo, qualunque società a salire dalla terza categoria fin quasi a lambire la serie B è di fatto, suo malgrado, alternativa a Sky, cominciano i problemi. Insomma, so bene di risultare parecchio “impopolare”, ma se ti viene voglia di capire da qualcuno che lo fa, cosa ci sia dietro la definizione “calcio popolare” il rischio è di capirci poco, oppure, nella peggiore delle ipotesi di rimanerci proprio male. Io, “militando” per un bel po’ in una di queste compagini, ancora non mi sono fatto un’idea chiara di cosa si voglia fare, e ancora meno di come lo si voglia fare.