Oltre il calciomercato e le wags – l’odioso nomignolo delle fidanzate dei calciatori con tanto di profili Instagram e trend topic su Twitter – la nuova notizia sportiva dell’estate è l’esclusione dalle Olimpiadi di Rio della squadra russa di atletica.
La decisione che sembra ormai definitiva, è stata preparata con cura nei mesi scorsi anche sui mezzi d’informazione. Molta attenzione è stata dedicata alla bolla del doping in Russia con titoli sensazionalistici e sentenze mai pronunciate, tutto strumentale a sbattere il mostro in prima pagina.
Lo scandalo è finito per somigliare a un noir con agenti segreti coinvolti, organizzazioni parastatali e interessi occulti.
Tutti comincia all’inizio del novembre 2015: un cospicuo faldone della Wada (World antidoping agency) accusa la Russia di aver costruito un sistema di doping di stato.
Giuni Ligabue, già autore, oltre che del recente “Il pugilato per tutti e tutte” (Hellnation Libri / Red Star Press), del volume “Pugni e socialismo. Storia popolare della boxe a Cuba”, scritto con Chiara Gregoris e per questa ragione ribattezzato “l’uomo a L’Avana” di Sportpopolare.it, ci invia questa bella corrispondenza bolognese: un reportage dedicato a un evento pugilistico fuori dall’ordinario come la venuta in Italia dei campioni brasiliani delle palestre Macedo & Macedos Rio Claro e Palmeiras Sao Paulo. Per tutte e tutti, una straordinaria occasione per assistere a incontri emozionanti, vedere dal vivo un confronto tra stili e scuole differenti e brindare all’amicizia tra i popoli, valore assoluto dello sport popolare.
La squadra brasiliana è arrivata all’autostazione di Bologna nella tarda serata di giovedì 9 giugno. I ragazzi hanno viaggiato in pullman da Roma dove nella serata del 4 giugno avevano preso parte ai match contro una selezione locale presso la Palestra Popolare Revolution di Cinecittà, altra struttura che ha ospitato e organizzato la sfida intercontinentale tra club. L’impressione che si ha da subito è emozionante. Un gruppo di giovani grintosi, entusiasti e genuini, gridano, festeggiano, si prendono in giro tra loro. Sono in viaggio ormai da dieci giorni ma nonostante questo la carica non manca.
C'è una periferia napoletana che non è necessariamente quella che è stata sbattuta in televisione dalle fiction e snaturata dagli inopportuni accostamenti dei giornalisti e dalle storpiature dei fan televisivi. Ma, sebbene meno attraente per l'universo mainstream e per i cultori dell'approccio turistico alla sociologia dei territori, c'è una periferia napoletana (a dire il vero più di una...), fatta di uomini in carne e ossa e delle loro lotte quotidiane per affermare il valore intrinseco della loro esistenza e riappropriarsi di tutto quello che la frenetica tirannia del tempo e del suo incedere vorrebbe privare loro e tutti noi: l'allegria, la socialità, l'identità e il confronto.
Ogni due anni ad Amburgo gli Ultras del Sankt Pauli organizzano l'antira, il torneo delle tifoserie antifasciste (https://www.facebook.com/antirastpauli/?fref=ts). Una tre giorni di sport, aggregazione, dibattiti e musica in cui si ha l'opportunità di condividere esperienze con i militanti antifascisti delle curve di tutta Europa e non solo. Noi del Quartograd abbiamo partecipato insieme alla rete di Rebel Ultras (https://www.facebook.com/RebelUltras/?fref=ts) di cui facciamo parte ormai da diverso tempo ormai. L'accoglienza e l'organizzazione dell'evento che si è svolto all'interno dello stadio Millerntor sono state veramente impressionanti. Per gli ospiti sono stati montanti dei tendoni con letti da campo che venivano divisi tra le varie tifoserie. Noi siamo stati con i Bohemians di Praga e con gli amici Ultras Inferno dello Standard Liegi e Gate 9 dell'Omonia di Nicosia. I bagni e le docce dei giocatori erano stati messi a nostra disposizione. Può sembrare un dettaglio secondario ma non è così. La cosa che impressiona di più dell'antira è vedere che lo stadio del Sankt Pauli appartiene totalmente ai suoi tifosi e viene messo a loro totale disposizione. Dai bar e le cucine (con piatti per tutti dai carnivori ai più incalliti vegani), ai bagni e fino al campo che era stato diviso in tre per il torneo di calcio a 7 che si è svolto nei tre giorni, i tifosi erano i veri padroni. Si potrebbe immaginare una cosa del genere al San Paolo di Napoli, all'Olimpico di Roma o in un qualsiasi altro stadio italiano?