“Gioca col cuore! Dai Inter gioca col cuore!”.
L’avrò urlato a squarciagola almeno 100 volte dagli spalti di San Siro, teatro ultratrentennale (anche se oggi le mie sortite sono meno assidue) della mia passione malata per i colori neroblu e per il football. Con quella sensazione di eterna palpitazione mista a brividi, a metà tra il caldo e il freddo, che mi accompagna fremente nel sostenere la mia squadra.
Stessa sensazione che provo tutt’oggi quando calco un campo da gioco. Magari meno curato di quello del “G. Meazza” (anche se qualcuno più schizzinoso potrebbe opinare), ma palcoscenico di emozioni spesso difficili da descrivere. Il silenzio teso e concentrato degli spogliatoi nel pre-partita, la sacra e solenne consegna delle divise da gioco, l’uscita sul campo per il riscaldamento. Il contatto degli scarpini con il terreno pesante e umido dà sempre quella sensazione di battaglia, di unione. Poi il rientro negli spogliatoi, con l’appello dell’arbitro panciuto di turno, e di nuovo in campo, in fila indiana parallela a quella degli avversari. Tinte multicromatiche che si mescolano tra le due compagini, sguardi tesi e urla di incitamento che portano a centrocampo per salutare i 15-20 accoliti tra amici, fidanzate, paesani annoiati, giunti a sostenerti. Si prende infine posizione sul campo, chi in difesa a guardare le spalle dei compagni, chi a centrocampo per far girare il gioco della squadra, chi in attacco per cercare di finalizzare e far esplodere di gioia tutti. Giocatori, tifosi e dirigenti.
A parte la splendida impresa realizzata dal Leicester di Claudio Ranieri, la giornata di Premier League appena archiviata verrà ricordata a lungo per la prima (ma a quanto pare non lʼunica, perché destinata a essere riproposta) protesta realizzata dai tifosi del Liverpool, capitanati dai gruppi “Spion Kop” e “Spirit of Shanky” allʼinterno del mitico “Anfield Road”, per via dellʼaumento del prezzo dei biglietti che dalla prossima stagione raggiungerà lʼesorbitante cifra di 77 sterline, vale a dire oltre 100 euro, a dispetto delle 59 che si pagavano fino a questʼanno, vale a dire un aumento allʼincirca del 30%; mentre il prezzo dellʼabbonamento schizzerebbe alle stelle, arrivando addirittura a 1.029 sterline. Così nel match di sabato contro il Sunderland, dopo lʼesposizione di vari striscioni con messaggi di questo tenore: “Tifosi, non consumatori!” e “£nough is £nough”, in sostanza “ne abbiamo abbastanza” nellʼambito della campagna “Amo la squadra – Odio i prezzi #WalkOutOn77”; si calcola che oltre 10.000 spettatori abbiano abbandonato lo stadio al settantasettesimo minuto per protestare contro quella che si è rivelata una delle principali piaghe del calcio dʼoltremanica, almeno per quello che concerne questʼultimo decennio.
Immaginate la vostra squadra del cuore nel bel mezzo di un cambiamento epocale che definirà i suoi connotati, dalle ambizioni al nome, e immaginate che durante il serrato confronto tra tutte le parti in causa, dopo l'assemblea dei soci, il presidente decida, prima del responso finale, di confrontarsi coi suoi ultras... direttamente nel settore ospiti durante una trasferta. No, non è la continuazione dell'editoriale del lunedì in cui si dava potere alla fantasia, ma è quanto accaduto al Whitehawk F.C., squadra di Brighton, più precisamente di un sobborgo dall'omonimo nome che, dopo aver collezionato tre promozioni negli ultimi quattro campionati, è approdata in Southern Conference, il sesto livello calcistico del campionato inglese, ma non sembra intenzionato a terminare qui la propria scalata, almeno stando alle dichiarazioni dei propri dirigenti che sembrano piuttosto ambiziosi. Proprio per assecondare queste ambizioni il Presidente John Summers aveva dichiarato che per accrescere l'appeal della squadra e superare di slancio la media delle mille presenze alle partite casalinghe, sarebbe stato necessario un cambio di nome, includendo possibilmente quello della città d'appartenenza, Brighton City per l'appunto.
La Bombonera di Buenos Aires, la casa del Boca Juniors, costruita tra il 1938 e il 1940, è probabilmente il corrispondente sudamericano di quello che per noi italiani è la “Scala del calcio”, San Siro, a cui va aggiunto il fatto di essere uno dei pilastri dellʼidentità “Xeneize” dei tifosi gialloblu, a tal punto da soprannominarlo “El Templo”. Un sentimento così intimo che ha fatto scendere la tifoseria gialloblu sul piede di guerra contro il Presidente Angelici (uno degli uomini di fiducia del neo-eletto presidente argentino Macrì, sin da quando questʼultimo era ancora sindaco della capitale argentina), che aveva profilato lʼeventualità di abbatterlo per farne uno nuovo dʼavanguardia con varie attività commerciali al proprio interno e passare alla storia come il presidente che fece il nuovo stadio del Boca. Le motivazioni del presidente sono il fatto che la capienza di 49.000 posti implica che a ogni partita del Boca ne restino fuori almeno lo stesso numero dando il via a un lucroso giro di bagarinaggio che porta i prezzi dei biglietti fino a 300 dollari (più o meno lʼequivalente dellʼaffitto di una casa nel centro di Buenos Aires), ma anche la particolare ubicazione della Bombonera, la quale ha abitazioni costruite in tre dei quattro lati da cui è delimitato, mentre risulta vuoto il quadrante a nord-ovest dello stadio.