Nel tardo pomeriggio di domenica, con un poʼ di ritardo dovuto alla partita precedente, il Gagarin Teramo scende in campo per lʼultima partita del 2015, lʼanno del suo esordio assoluto in Terza Categoria. Unʼannata fino ad ora positiva, considerato che si tratta di una new entry: già qualche risultato utile allʼattivo, posizione di medio-bassa classifica ma con varie squadre alle sue spalle, insomma i bianco-rosso-neri stanno dimostrando di essere allʼaltezza della sfida, e vengono tra lʼaltro da una vittoria esterna. Stavolta vanno di scena in casa, sul campo di erba sintetica lungo il fiume Tordino. Sono circa le 18 quando le squadre scendono in campo, e il clima è gelido, complice un livello di umidità finora riscontrato solo sul fondale dellʼOceano Pacifico. Lʼavversario è il Nepezzano, posizionato in classifica poco meglio dei padroni di casa, nellʼaffollatissimo girone teramano che conta ben 18 squadre, una rarità per la categoria.
Nella notte tra il 29 e il 30 novembre 2015 il vero vincitore non è tanto il nuovo campione del mondo dei pesi massimi Tyson Fury, piuttosto lo è suo padre Jonh Fury, un ex pugile innamorato di Tyson al punto da mettere questo nome “pacchiano” al suo virgulto, in barba all’autonomia della prole e alle basilari norme di pedagogia. Un irlandese dal sangue travellers – i gitani autoctoni conosciuti anche con il nome di pavee – che ha proiettato i suoi sogni di atleta fallito sul figlio, crescendolo nella speranza, oggi certezza, di farlo diventare un campione di livello internazionale. Senza complesso di Edipo.
Senza temere di mettere al mondo un Billy Elliot qualsiasi, Jonh Fury se l’è sentita di sfidare le stelle e ora si gode, con sorriso beffardo, la vittoria a lungo sognata. Anche grazie a un permesso speciale che gli ha consentito di lasciare il Regno Unito (dove ha trascorso diverso tempo in carcere per aggressione e violenze) perché persino le rigide autorità inglesi si sono intenerite di fronte a un padre desideroso di vedere il figlio prediletto trionfare.
Perché nella notte fra sabato e domenica 30 novembre, in Germania, è andata in scena la “sua” serata di boxe. All’Esprit Arena di Dusseldorf sono stati venduti oltre 45.000 biglietti per il match valevole per il titolo del mondo dei pesi massimi fra il campione Wladimir Klitschko e lo sfidante Tyson Fury, suo figlio.
Una partita degna di categorie superiori, sia in campo che sugli spalti, quella che si è giocata alle 14.30 di domenica al campo di San Donnino, paese appena fuori Firenze, diventatone di fatto periferia, che ospita le partite interne del Centro Storico Lebowski e si spera che presto possa diventare la sua casa definitiva. Ma andiamo con ordine.
La partita mette in palio tre punti che pesano come macigni: il girone B è infatti equilibratissimo, salvo la capolista Aglianese (società dal passato nobile, nel 2002 militava ancora in C2) già in fuga. Per capirci, i grigioneri arrivano al match al sesto posto, gli avversari del Seano sono terzi ma hanno solo un punto in più, insomma infuria la bagarre in zona playoff. La partita non tradisce le aspettative di match tra squadre con ambizioni serie: non tantissime le chiare occasioni da gol, ma entrambe le squadre “giocano al calcio”, con una buona organizzazione tattica, trame di gioco visibili, concentrazione e grande intensità fisica. Roba che in queste categorie non si vede ogni domenica.
Una terra da sempre contesa e martoriata, che dal 1948 sta vivendo la fase “moderna” della sua immane sofferenza. Dalla nascita dello Stato d'Israele infatti non c'è più stata pace per il popolo palestinese: una continua ed estremamente aggressiva offensiva imperialista, che è costata fiumi di sangue e ha portato i territori palestinesi a diventare piccole isole scollegate tra loro e soffocate dagli insediamenti abusivi dei coloni israeliani e dalle continue offensive militari dell'esercito sionista, finalizzate a difendere quello che loro chiamano il “diritto di Israele ad esistere in sicurezza” e in realtà non è nient'altro che espansionismo militare, pulizia etnica e sottomissione politica. I milioni di profughi palestinesi, concentrati soprattutto nei paesi limitrofi, la discriminazione dei palestinesi con cittadinanza israeliana (una vera e propria apartheid), lo smembramento dei territori palestinesi, il continuo martirio a cui è esposta la Striscia di Gaza, rendono quanto mai complicata la conservazione di un'identità nazionale. Tuttavia, la coscienza di essere un popolo oppresso e la determinazione nel voler raggiungere la libertà hanno sempre spinto i palestinesi a lottare, anche quando i rapporti di forza sono stati improponibili: pietre contro carri armati, manifestazioni contro missili al fosforo bianco, e adesso coltelli contro un intero esercito armato fino ai denti. Praticamente un intero popolo che, armato solo della propria dignità, continua a sfidare uno dei nemici più potenti e feroci che siano mai apparsi sul pianeta terra.