Sette incontri, sette mascherine, sette nomi.
Naomi Osaka ha giocato sette partite per consacrarsi nuovamente come campionessa degli US Open di tennis. Un torneo che ha risentito di condizioni di contesto in quel Paese che sarà praticamente impossibile che si possano ripetere contemporaneamente: una pandemia e un'ondata di proteste popolari contro la violenza razzista e l'impunità della polizia. È stata proprio la somma di queste due condizioni a dare lustro alla figura di Naomi Osaka, che, dopo il soggiorno nella bolla americana, si è tolta il soprannome di timida che si era autoassegnata qualche anno fa per iniziare ad abbracciare il suo ruolo di personaggio pubblico e diventare anche un’attivista.
Si chiama Fighters Against Socialism ed è una delle trovate più originali della campagna per la rielezione di Trump. Un tour on the road in autobus per la Florida con tappe a Orlando, Coconut Creek e Miami, che punta a sfruttare la popolarità degli sport da combattimento – e in particolare delle Mixed martial arts (Mma) – per offrire supporto al presidente americano e alla sua rielezione.
Il regista dell’operazione è Donald Trump Jr. – il figlio primogenito di Donald e Ivana Trump – ma l’attore principale sotto ai riflettori è Jorge “Gamebred” Masvidal, atleta di primo piano della promotion Ufc e veterano delle Mma. Le comparse invece sono Maximo Alvarez, businessman cubano-americano, e il senatore Marco Rubio, punto di riferimento repubblicano per i latinos.
Uno degli effetti collaterali del calciomercato è il clamore che suscitano certi trasferimenti vissuti alla stregua di un vero e proprio tradimento dai tifosi “abbandonati” che, come la Medea di Eschilo, antepongono a qualsiasi cosa l’odio e il sentimento di vendetta nei confronti del loro ex beniamino.
D’altronde, in Italia di cessioni di giocatori duramente contestate dalla tifoseria, e non solo, qualcosina ce ne intendiamo. Le persone con qualche anno in più non avranno difficoltà a ricordare la vera e propria rivolta che accompagnò nel 1990 la cessione di Roberto Baggio dalla Fiorentina alla Juventus (motivo per cui quei giornalisti che fanno finta di meravigliarsi per qualche insulto social piovuto addosso a Chiesa dimostrano semplicemente di essere alla canna del gas e di non sapere più cosa inventarsi per qualche visualizzazione), nonché le difficoltà emotive affrontate dal “Divin Codino” ogni volta che doveva recarsi a Firenze, culminate nel 1991 quando si rifiutò di tirare un calcio di rigore contro la sua ex squadra.
“Subito dopo, mi innamorai della boxe, e di quel mondo. Se ti entra nel naso l’odore di una palestra di pugilato non te lo togli più”
Così scrive Gianni Minà nel suo ultimo libro, Storia di un boxeur latino, la sua autobiografia. Nulla di più vero, chi in un modo o nell’altro entra nel mondo del pugilato, comincia a ragionare in maniera diversa. Diventa “pugilatocentrico” per così dire. Figuriamoci quindi come potrebbe reagire una persona così, se per caso al mondo dovesse capitare qualcosa che il pugilato glielo porta via. Fantascienza? No. È appena successo, o meglio, sta succedendo. Noi “della boxe” infatti, il picco non l’abbiamo affatto superato.