Villa Gordiani è un quartiere che si sviluppa ai lati di via Prenestina, nel quadrante di Roma Est. Prende il nome dall’omonimo Parco, istituito negli anni ’30 del secolo scorso e ricco di frammenti archeologici. Una parte significativa è composta da case popolari costruite principalmente negli anni ’50. Negli stessi anni in cui queste venivano costruite vedeva la luce anche un campo di calcio all’interno del Parco. Un campo che, in questi decenni, ha ospitato centinaia, forse migliaia di partite che attiravano ogni domenica tanti abitanti del quartiere. Impossibile calcolare quanti ragazzi abbiano calpestato la terra di quel rettangolo. Ci hanno giocato squadre non gloriose dal punto di vista dei meriti sportivi, ma sicuramente importanti in quanto punto di riferimento in un quartiere periferico i cui unici luoghi di socialità erano la piazzetta, i muretti, i cortili dei lotti delle case popolari.
Un pezzo un po' romantico, permettetecelo, dedicato a chi fa il tifo. Ma in particolare a chi, nella maggior parte delle stagioni, lotta per non retrocedere, o per risalire dalle categorie inferiori. Ai tifosi di provincia insomma, che lontani dai riflettori delle lotte per lo scudetto o l'Europa fanno un “all in” di tutte le emozioni possibili.
È maggio, di nuovo. La domenica pomeriggio alle 15 il sole inizia a bruciare davvero, il calore rimbalza dalle gradinate e avvolge tutto, fa soffrire. Ogni sorso di birra è una benedizione per la gola, una coltellata allo stomaco e un altro po' di piombo fuso nel cervello. D'altra parte, lo stomaco e il cervello sono già provati di loro. È anche retorico dirselo, che ci si gioca tutto. Siamo alle ultime 3, 4 di campionato. E le settimane sono faticose, perché si rimugina. Nei momenti di solitudine o nelle infinite chiacchiere con i compagni di sventura, in cui si scandagliano tutte le possibili combinazioni di risultati nostri e delle avversarie. Si confrontano gli stati di forma, fisici ed emotivi, e le difficoltà del calendario. Si formulano ipotesi di complotto: le squadre senza più obiettivi regaleranno punti, tranne che a noi ovviamente, sti bastardi. Si pensa se durante l'anno i ragazzi potevano fare meglio, sti bastardi. Oppure già li si ringrazia per la grande stagione che li ha portati inaspettatamente a lottare fino alla fine. Ma in ciascuno dei casi, oggi tocca stargli vicino. Siamo in gioco anche noi, anzi in un gioco ancor più crudele, perché di fatto ci vede impotenti: in nessun modo potremo impedire che un pallone si stampi sul palo, non potremo fare in modo che la nostra punizione si infili sotto l'incrocio. Ma se perdiamo, ce l'accolliamo tutti. Se vinciamo, è inutile dilungarsi, troppo facile.
Domenica scorsa si giocava una delle partite più appassionanti del mondo, il classico del calcio spagnolo: Real Madrid - FC Barcelona, che però allo stesso tempo è anche uno dei più emblematici esempi del calcio business. Il giorno prima, invece, 1300 spettatori sono andati allo stadio Narcis Sala, nel quartiere di Sant Andreu a Barcellona, per vedere uno dei derby storici per eccellenza del calcio catalano, dove si affrontavano le squadre locali della UE Sant Andreu e il CE Europa, club del quartiere vicino di Gràcia. Attualmente, Sant Andreu e Europa giocano in Terza Divisione (quarta categoria statale), ma nonostante tutto si tratta di una rivalità che ha preso peso negli anni perché entrambi i club, che provengono da quartieri con una forte identità di paese visto che anticamente non appartenevano alla città di Barcellona, dalla metà del secolo passato si sono contesi l'onore di essere il terzo club della città, sempre all'ombra delle onnipotenti FC Barcelona e RCD Espanyol.
Negli ultimi anni il rugby sta assumendo sempre più il ruolo di “sport dei borghesi”. Tutto questo lo dico visto che i giocatori delle varie squadre di palla ovale, ad esempio i mostri sacri degli All Blacks neozelandesi, vengono trattati come delle vere e proprie star cinematografiche e, spesso, vengono messi sotto contratto con stipendi milionari.
Altro fatto che mi spinge a definire il rugby uno “sport dei borghesi” è il costo dei biglietti per assistere ad una partita. Questo, soprattutto negli ultimi anni vista la sempre maggiore fama che hanno assunto tornei come il 6 Nazioni, è aumentato a dismisura e, oggigiorno, andarsi a vedere una partita in tribuna è diventato un vero e proprio privilegio concesso a pochi.
Anche in questo ambito sportivo, però, ci sono delle realtà che vanno totalmente contro a questi ideali e che cercano di portare avanti un concetto “popolare” legato al mondo della palla ovale.