
Quello che manca oggi nell’editoria italiana è una sana storiografia sportiva. Qualcosa che vada oltre il tono dello storytelling, che racconti e sistematizzi i fatti, prima delle opinioni e delle narrazioni. Testi non necessariamente rivolti all’accademia – in grado quindi di parlare a tutti – capaci però di utilizzare il metodo storico come bussola e direzione.
Colpi e leggende. Storia della boxe italiana di Marvin Trinca, edito dai tipi di Rogas Edizioni, si muove virtuosamente in questo solco e prova a riempire il vuoto.
Non è un caso: Trinca, classe 1988, livornese, insegnante, è laureato in storia e ha collaborato con la Società Italiana di Storia dello Sport (SISS), maneggiando con sapienza tutto l’armamentario metodologico di questa disciplina.
L’autore racconta la nascita e la diffusione del pugilato in Italia, ma la sovrappone e lega alla più generale storia d’Italia. Lo fa con garbo, senza forzature – quasi come sottotesto – e senza mai sentire il bisogno di costruirci intorno teorie o filosofie complesse.
Per dirla con Braudel bilancia sapientemente storia evenemenziale e storia dei fatti che si svolgono in profondità, trasportando chi legge nei rivoli, nelle tragedie e nelle imprese delle sedici corde e dell’Italia novecentesca. Nei suoi momenti gloriosi e in quelli di infamia.

L’estate, di solito, rinnova un po’ in tutti quella voglia di leggere, un riavvicinamento trasversale alla gioia di sfogliare un bel libro.
Eppure, l’Italia è tra gli ultimi paesi europei in fatto di lettori e percentuali di acquisto di libri (un milione di libri l’anno in meno) e chiudono non so quante libreria (mille negli ultimi 10 anni). In alcune regioni del sud molte librerie non hanno distribuzione e le librerie indipendenti soffrono.
Il libro ha perso quella centralità come oggetto di svago e passione (come la fruizione è cambiata nel tempo con l’avvento degli ebook). In Italia si legge sempre meno e con sempre meno qualità, mentre leggono di più i lettori già accaniti e voraci.
C’è una forbice enorme tra chi legge a malapena un libro e chi una ventina l’anno. Anche in questo ambito la società italiana si polarizza.

Non ci nascondiamo dietro un dito, noi Pippo Russo lo stimiamo fortemente. Il sottoscritto più che mai. L’aver scritto il più bel romanzo sul calcio Nedo Ludi lo rende ai miei occhi un maestro della letteratura sportiva. E non solo.
Pippo Russo è un sacco di cose: professore in primis, sociologo, saggista, giornalista e romanziere. Forse anche qualcos’altro che non so ma già mi pare tanta roba.
Ho letto tanti lavori di Pippo, da saggi improbabili per la mia personale formazione, a scritti, articoli, biografie e saggi su Mennea, Baggio, Moana Pozzi, su Erasmo Iacovone, roba su Ched Evans o sull’Atleta digitale, il romanzo Memo e ancora altro e senza se e senza ma si può tranquillamente dire che sono un suo fan.

Nel mondo sportivo attuale la differenza tra ambito maschile e ambito femminile è ancora accentuata sotto molti punti di vista. Dalla differenza salariale fino, secondo alcuni benpensanti, alla differente tenuta fisica che hanno i due sessi nell’affrontare determinati sforzi, sono ancora moltissime le discriminazioni subite dal mondo femminile (e non nel solo ambito sportivo visto che viviamo in una società patriarcale a 360°).
Per fortuna però ci sono anche episodi che vanno in controtendenza rispetto a questo sessismo sempre più dilagante.
Pochi giorni fa ad esempio, per essere corretti sabato 14 giugno 2025, presso la sede della casa editrice Red Star Press nel quartiere romano di Tor Marancia, è stata presentata una nuova opera letteraria dal titolo Combattere per poter combattere. Gli autori di questo testo, pubblicato nella collana Hellnation Libri, sono Iacopo Ricci e Marta Sicigliano con cui abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere per quella che si è rivelata essere una specie di “intervista doppia”.