È un’uscita abbastanza recente quella di Le Canaglie di Angelo Carotenuto, edito da Sellerio, e certamente non è passata inosservata alla nostra redazione e ci sembrava meritoria di trovare spazio su questo blog. Un libro che parla di Lazio essenzialmente, e della città di Roma. Un romanzo che colpisce per bellezza e costruzione. Per alcuni tratti i soggetti principali, la S.S Lazio e la Roma sorniona e violenta degli anni a cavallo del 1970 vestono di contorni epici. Retrocessione, morte, armi, saluti fascisti, anni che trasudano violenza politica, vittoria, esaltazione, lazialità, esasperazione, parossismo. Tutto ciò nel libro appare centrato senza il culto e mito di biancoceleste vestito, né il livore o il sottodimensionamento di giallorosso tinteggio. La storia di quella Lazio è molto bella e profonda, da qualsiasi lato la si guardi. È emblema calcistico, è riassunto storico. Non ne vedo un’operazione per commercializzare quei fatti storici come in altri propositi letterari. È un romanzo onesto, non declaratorio ma intimo.
Negli ultimi anni abbiamo letto e recensito diversi libri sui Mondiali, ribattezzati anche della “i Mondiali della vergogna”, di Argentina ‘78, segno che il loro contesto politico, sociale e sportivo li abbia resi terribilmente ed eccezionalmente “affascinanti” agli occhi delle penne nostrane. Il bellissimo La storia balorda del Ballestracci e il sontuoso Uccidi Paul Breitner di Pisapia, giusto per citarne due, ne sono un palese esempio. Sia chiaro che di “affascinante” nell’eliminazione sistematica di qualsiasi oppositore politico e nell’istituzione di centri di detenzione e tortura, per di più a pochi passi dallo stadio (il Monumental) del trionfo argentino non c’è proprio nulla, ma solo un’infamia senza fine per una junta militare sostenuta da tutto il blocco dei paesi anticomunisti e occidentali e addirittura in parte dall’URSS, che presa alla gola da rapporti di dipendenza commerciale non si schierò apertamente contro quel regime militare e fascista che dominava il paese da almeno due anni, e si trasformò in una delle più efferate dittature sudamericane (a differenza tra l’altro di quello che fecero i sovietici pochi anni prima con Pinochet).
CAP 20100 racconta la città di Milano con gli occhi delle realtà di calcio popolare che la attraversano, anteponendo alle dinamiche del business il mutualismo e la solidarietà.
Niente bosco verticale, niente darsena, niente City Life né Corso Como, il racconto di CAP 20100 inquadra i palazzoni delle case popolari nei quartieri periferici di Milano, lì dove lontano dalle logiche del business e dai riflettori della movida si animano movimenti che vogliono creare inclusione e aggregazione anche attraverso lo sport.
Ternana: the working class goes to heaven: è questo il titolo del documentario sulla storica promozione in serie B della Ternana Calcio uscito pochi giorni fa e realizzato da Martino Simcik Arese e Valerio Curcio. Una intitolazione che riporta alla mente, almeno ai cinefili come me, un capolavoro del grande schermo quale La classe operaia va in paradiso, girato nel 1971 per la regia di Elio Petri e con una magnifica interpretazione di Gian Maria Volonté.
In questo cortometraggio Curcio e Arese cercano di far capire agli spettatori il forte legame tra la Ternana Calcio e la città umbra di Terni, conosciuta con il soprannome di “Manchester d'Italia”. Tale appellativo non è stato scelto a caso: questo centro abitato, da sempre, ha una forte componente operaia viste le numerose fabbriche, soprattutto acciaierie, presenti nella zona.
Questo lato operaio lo si ritrova fortemente nella tifoseria della squadra rosso-verde, come spiegato bene da alcuni tifosi del maggior gruppo ultras locale, i Freak Brothers. Ma gli operai non mancano neanche tra coloro che scendono, o sono scesi in un passato nemmeno troppo remoto, nel rettangolo da gioco.