La prossima stagione, che si spera vedrà una vera ripartenza di tutte le categorie e anche della passione sugli spalti, avrà a Bergamo una nuova creatura, che vuole portare la sfida nei campionati federali!
Come e quando nasce il vostro progetto?
Il nostro progetto poggia le radici nel 2014 con la nascita del BAU (Bergamo Antifa United). L’idea dell’associazione nasce in maniera concreta un anno e mezzo fa, anche se da diverso tempo in molti di noi c’era il desiderio di provare a realizzarlo. Così il momento del lockdown, in controtendenza con le squadre “tradizionali” che minacciavano e minacciano chiusure per le difficoltà finanziarie del presidente padrone, per noi è stata l’occasione di sederci a infiniti tavoli virtuali e cominciare a lavorare in maniera seria e costante. Abbiamo iniziato a tessere contatti per far sì che diventasse possibile il nostro sogno.
Compie dieci anni una delle realtà più longeve del calcio popolare italiano, e abbiamo avuto il piacere di intervistare uno dei membri storici del progetto.
Quando siete nati, avreste mai pensato di raggiungere i dieci anni di attività? Come vi sentite in merito?
Dieci anni sono tanti, non è facile riassumere in poche parole quello che per noi è stato un percorso importante. Quando è stata fondata la Brutium Cosenza credo che nessuno avesse in mente un traguardo tanto lontano ma l’entusiasmo e la voglia di spenderci per questi colori non sono mai venuti meno e siamo arrivati a questo decimo compleanno. Siamo fieri di essere riusciti, nonostante le difficoltà, a portare avanti il nostro progetto per tanto tempo sempre a testa alta e senza scendere a compromessi ma l’orgoglio più grande è quello di essere riusciti a creare negli anni un gruppo coeso che per molti di noi, dirigenti, tesserati e tifosi, rappresenta una seconda famiglia.
Un anno e più di pandemia ha sparigliato le carte, ha infranto stagioni, sogni, speranze. Ha asciugato gli stadi più importanti come i nostri campetti di pozzolana, ha impedito per larghi tratti a giovani leve di cimentarsi col loro sport, ha strozzato la voce a milioni di tifosi, rischia di far fallire centinaia di società, ha esacerbato animi, ha mostrato in maniera lampante la scarsezza gestionale della filiera del potere dal Ministero dello Sport ai comitati regionali, ha mostrato i millantatori del calcio moderno e smascherato a volte ruffiani del “calcio popolare”. È stato questo ma è stato tanto altro col suo portato di disperazione, rassegnazione e un corollario di morte. Potevamo decidere di raccontare molto, di coagulare le asprezze di un anno di inattività, potevamo ma abbiamo scelto altro, ovvero di raccontare o meglio di farci raccontare in questa breve intervista la storia e la speranza di Emiliano Curti, nuovo allenatore dell’ Atletico San Lorenzo, che avrebbe dovuto affiancare quest’anno sulla panchina la bandiera sanlorenzina, il Capitano eterno e attuale mister Alberto Caci e sostituire un altro grande della panchina sanlorenzina, mister Pierino Greco (che con grande profitto allena le ragazze del femminile del calcio a 5 Atletico).
Footballization è il documentario vincitore dell’Offside Football Film Festival 2020, la kermesse indipendente di lungometraggi e cortometraggi sul calcio, sul mondo e sulle sue diversità – come la definiscono gli organizzatori.
Footballization è un prodotto filmico di alto spessore ed è difficilmente classificabile come puro documentario. La sua qualità narrativa e visiva ne fa un gioiello raro che dovrebbe essere mostrato prima di tutto per i contenuti che porta, ma allo stesso anche per il modo con cui lo fa. Questo progetto diventerà un punto di riferimento per tutti quelli che vorranno approcciarsi al documentario sportivo.
Per capire meglio la genesi e l’evoluzione di questo progetto abbiamo intervistato Stefano Fogliata, il ricercatore bresciano che è stato la mente che ha pensato Footballization.
Le sue parole non sono mai banali e ci permettono di aprire una porta diversa sul Medio Oriente. Il suo è uno sguardo laterale che ci apre delle prospettive inaspettate sul Libano e sulla situazione dei profughi palestinesi, che vivono da decenni in quel paese.