Genova, luglio 2001. Da giovedì 19 a domenica 22 si tiene, nel capoluogo ligure, il G8: la riunione dei capi di Stato dei paesi più avanzati in ambito economico a livello mondiale.
In quelle stesse ore, per le strade della città di De André, si svolgono una serie di iniziative dei cosiddetti movimenti antagonisti. Questi soggetti portano con sé in piazza varie lotte, anche molto diverse tra loro, che vengono racchiuse nel motto “un altro mondo è possibile”.
Ciò che ci hanno lasciato quei giorni, purtroppo, lo abbiamo ancora impresso nella mente. Dall'uccisione di Carlo Giuliani a piazza Alimonda fino all'enorme quantità di lacrimogeni sparati da parte delle forze dell'ordine, ai pestaggi in piazza e le torture nelle caserme. Tutti questi episodi hanno portato a descrivere il G8 di Genova, da parte di Amnesty International, come la “più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.
La prossima stagione, che si spera vedrà una vera ripartenza di tutte le categorie e anche della passione sugli spalti, avrà a Bergamo una nuova creatura, che vuole portare la sfida nei campionati federali!
Come e quando nasce il vostro progetto?
Il nostro progetto poggia le radici nel 2014 con la nascita del BAU (Bergamo Antifa United). L’idea dell’associazione nasce in maniera concreta un anno e mezzo fa, anche se da diverso tempo in molti di noi c’era il desiderio di provare a realizzarlo. Così il momento del lockdown, in controtendenza con le squadre “tradizionali” che minacciavano e minacciano chiusure per le difficoltà finanziarie del presidente padrone, per noi è stata l’occasione di sederci a infiniti tavoli virtuali e cominciare a lavorare in maniera seria e costante. Abbiamo iniziato a tessere contatti per far sì che diventasse possibile il nostro sogno.
Compie dieci anni una delle realtà più longeve del calcio popolare italiano, e abbiamo avuto il piacere di intervistare uno dei membri storici del progetto.
Quando siete nati, avreste mai pensato di raggiungere i dieci anni di attività? Come vi sentite in merito?
Dieci anni sono tanti, non è facile riassumere in poche parole quello che per noi è stato un percorso importante. Quando è stata fondata la Brutium Cosenza credo che nessuno avesse in mente un traguardo tanto lontano ma l’entusiasmo e la voglia di spenderci per questi colori non sono mai venuti meno e siamo arrivati a questo decimo compleanno. Siamo fieri di essere riusciti, nonostante le difficoltà, a portare avanti il nostro progetto per tanto tempo sempre a testa alta e senza scendere a compromessi ma l’orgoglio più grande è quello di essere riusciti a creare negli anni un gruppo coeso che per molti di noi, dirigenti, tesserati e tifosi, rappresenta una seconda famiglia.
Un anno e più di pandemia ha sparigliato le carte, ha infranto stagioni, sogni, speranze. Ha asciugato gli stadi più importanti come i nostri campetti di pozzolana, ha impedito per larghi tratti a giovani leve di cimentarsi col loro sport, ha strozzato la voce a milioni di tifosi, rischia di far fallire centinaia di società, ha esacerbato animi, ha mostrato in maniera lampante la scarsezza gestionale della filiera del potere dal Ministero dello Sport ai comitati regionali, ha mostrato i millantatori del calcio moderno e smascherato a volte ruffiani del “calcio popolare”. È stato questo ma è stato tanto altro col suo portato di disperazione, rassegnazione e un corollario di morte. Potevamo decidere di raccontare molto, di coagulare le asprezze di un anno di inattività, potevamo ma abbiamo scelto altro, ovvero di raccontare o meglio di farci raccontare in questa breve intervista la storia e la speranza di Emiliano Curti, nuovo allenatore dell’ Atletico San Lorenzo, che avrebbe dovuto affiancare quest’anno sulla panchina la bandiera sanlorenzina, il Capitano eterno e attuale mister Alberto Caci e sostituire un altro grande della panchina sanlorenzina, mister Pierino Greco (che con grande profitto allena le ragazze del femminile del calcio a 5 Atletico).