Il reggae e il calcio hanno avuto in più occasioni possibilità di contatto. Come descritto da noi stessi in alcuni precedenti articoli sono infatti numerosi gli artisti, passati e presenti, di questo genere musicale, creatosi e sviluppatosi in Giamaica a metà del XIX secolo, che hanno avuto a che fare con il mondo del pallone.
Uno degli esponenti principali delle positive vibrations, che fu anche un calciatore di un certo livello, fu niente meno che Robert “Bob” Nesta Marley. Proprio oggi cadre il 39esimo anniversario della morte di questo grande artista, denominato non a caso “il re del reggae”, scomparso l'11 maggio 1981 a Miami a soli 36 anni di età.
Il legame tra reggae e calcio ha interessato vari artisti di questo genere musicale nato nella piccola isola caraibica della Giamaica. Di recente abbiamo potuto vedere come personaggi del calibro di Bob Marley e Burning Spear si sono interessati a entrambi e in varie occasioni durante le proprie vite sono riusciti a coniugarli.
Facendo qualche ricerca ho però visto che questi due ambiti erano uniti anche nella figura di Jacob Miller. Egli, per chi non lo sapesse, è stato un altro storico esponente della musica reggae di metà XX secolo di cui proprio oggi, 23 marzo 2020, ricorre il quarantesimo anno della scomparsa.
Miller nacque il 4 maggio 1952 a Mandeville, piccolo comune facente parte della parrocchia di Manchester nella parte sud-occidentale dell'isola. Continuando nelle mie ricerche ho notato che sono molte le affinità che legano la figura di Jacob Miller a quella di Bob Marley.
Ad esempio, entrambi questi personaggi non conobbero mai i loro padri di persona. Del padre di Miller, nello specifico, non si sapevano molte notizie se non che era un cantante del luogo e si faceva chiamare Sidney Elliott.
Che in Sud America lo sport e il calcio in particolare abbiano sempre avuto un posto molto importante nella visione del mondo di chi mette in discussione lo status quo non lo scopriamo certo noi, basti pensare ai capolavori di Galeano e di Soriano in merito, ai programmi dei governi socialisti di Cuba e anche del Venezuela e all’importanza che gli tributavano gli eserciti popolari anche nel mezzo delle contese più aspre, come ci è capitato di raccontarvi quando abbiamo parlato delle FARC che, a prescindere dal prosieguo non certamente esaltante del processo di pace, inclusero tra le varie clausole la creazione di un loro team che sarebbe partito dalla serie B colombiana.
Anche l’EZLN non fa eccezione, come dimostra il fatto che al primo “Incontro internazionale delle donne combattenti” del marzo 2018, tra tanti dibattiti e iniziative, fu disputata anche una partita di calcio tra due rappresentative locali che indossavano costumi tipici dei propri villaggi e ad ogni rete avrebbero dovuto scrivere un messaggio relativo a quel meeting su una lavagna.
Il calcio popolare nell'epoca attuale porta avanti alcuni concetti base come quelli di militanza e, soprattutto, resistenza. Un grande esempio di tenacia lo si ebbe però quasi cinque secoli fa, per essere esatti ben 490 anni.
Il 17 febbraio 1530, difatti, si svolse a Firenze quella che è passata alla storia come “la Partita dell'Assedio”. L'assedio da cui si dovevano difendere i concittadini della famiglia dei Medici era quello portato avanti dall'imperatore asburgico Carlo V, una delle più importanti figure storiche dell'epoca moderna europea.
L'attuale capoluogo toscano, al tempo, si era ribellato al potere della nobile famiglia e aveva proclamato, nel maggio del 1527, la cosiddetta “Terza Repubblica di Firenze”. Il papa di allora era Clemente VII e faceva parte della stessa casata dei Medici.